La politica dell’Unione Europea relativa ai migranti e ai rifugiati rappresenta una delle aspettative più significative per il nuovo anno in termini di sviluppi chiave. L’11 dicembre il Parlamento europeo ha pubblicato uno studio sui nuovi approcci all’integrazione del mercato del lavoro, che merita un’attenta analisi. Il suo autore, il Prof. Francesco Fasani dell’Università di Milano, inizia sottolineando alcuni dati fondamentali: due anni fa, l’immigrazione totale nell’Unione Europea corrispondeva già al 9,2% della sua popolazione e l’immigrazione extra-UE rappresentava il 6,1%. In termini assoluti, a partire dal 1° gennaio 2023, il maggior numero di cittadini stranieri residenti negli Stati membri dell’UE si troverà in Germania (12,3 milioni), Spagna (6,1 milioni), Francia (5,6 milioni) e Italia (5,1 milioni). Insieme, questi quattro Stati membri rappresentano il 70,6% di tutti i cittadini stranieri che vivono nell’UE. Il Prof. Fasani stima l’immigrazione clandestina tra 1 e 3 milioni di persone. Il livello di immigrati irregolari nell’UE sembra piuttosto basso (2,4%). Lo status occupazionale è generalmente considerato l’indicatore più importante dell’integrazione (economica) del mercato del lavoro; tuttavia, anche la qualità del lavoro è un elemento chiave del processo di integrazione. La qualità del lavoro comprende i salari, le condizioni di lavoro, il tipo di contratto, l’orario di lavoro e l’allineamento dei posti di lavoro con le competenze e le qualifiche dei lavoratori. Il tasso di disoccupazione dei cittadini extracomunitari era del 12,2% in media al 1° gennaio 2023. Tuttavia, esistono enormi disparità nell’occupazione dei cittadini extracomunitari tra gli Stati membri, con tassi che vanno dall’87,4% di Malta al 50% del Belgio, dove un cittadino extracomunitario su due è disoccupato! Per integrare economicamente gli immigrati, il Prof. Fasani fa riferimento a nove sfide: barriere linguistiche, educative e occupazionali; segregazione residenziale; potere contrattuale limitato; discriminazione e atteggiamenti ostili; accesso allo stato sociale; progettazione delle politiche di migrazione e asilo. Gli ostacoli educativi includono il mancato riconoscimento delle qualifiche straniere, in particolare nelle professioni regolamentate, ma anche in quelle non regolamentate. Gli ostacoli all’occupabilità possono essere superati attraverso piani personalizzati di integrazione nel mercato del lavoro, che a loro volta riducono l’impatto sui costi del welfare. La segregazione residenziale è un termine di connotazione negativa per descrivere le enclavi etniche nella nazione ospitante. Da un lato crea reti positive nel breve periodo, ma dall’altro rischia di creare un ghetto nel medio periodo, con potenziali effetti sulla sicurezza del quartiere e sulla criminalità che il Prof. Fasani sembra ignorare. Il potere contrattuale ha una correlazione con i salari, un elemento della qualità del lavoro, e con altre condizioni lavorative. I programmi di visti sponsorizzati dai datori di lavoro possono fornire ai datori di lavoro un potere monopsonistico e finire per bloccare gli immigrati in un unico posto di lavoro. Per ridurre la discriminazione, il Prof. Fasani propone l’azione affermativa, anche se non fornisce alcun dato oggettivo sui vantaggi e gli effetti negativi di questo approccio polemico. Per inciso, un eufemismo per definire le azioni positive è “promozione della diversità”. Un’altra opzione suggerita dall’autore dello studio è l’imposizione legale dell’assunzione alla cieca, detta anche “anonimizzazione”, ancora una volta contraria al principio del libero mercato. Il Prof. Fasani afferma che gli immigrati nell’UE contribuiscono alle finanze pubbliche più di quanto ricevano.
D’altro canto, riconosce che, almeno nel breve periodo, i sussidi sociali possono abbassare i tassi di occupazione riducendo gli incentivi al lavoro. Non vengono forniti dati quantitativi per entrambe le tesi. Lo studio promuove la legalizzazione dei migranti e dei rifugiati come progetto politico, ma piuttosto attraverso la naturalizzazione e non la concessione di visti temporanei. La deportazione è considerata illegale, inumana e non pratica. Infine, il Prof. Fasani promuove anche una politica nei confronti dei richiedenti asilo attraverso il collocamento in aree con forti condizioni di mercato del lavoro e periodi brevi per la concessione dell’asilo. Non sorprende che lo studio difenda il ruolo delle parti sociali e di “altre organizzazioni private”. Si tratta di un terzo eufemismo nel testo, che in questo caso corrisponde alle ONG, la cui attività nell’UE dipende in ultima analisi dalla proliferazione di analisi come quella del Prof. Fasani. Fonte dell’immagine: Consiglio dell’Unione Europea