La Commissione ha sicuramente elaborato questa strategia sulla competitività in vista della cosiddetta relazione Draghi, che dimostra ciò che già sapevamo: la relazione Draghi è stata commissionata dalle burocrazie di Bruxelles che l’hanno usata come alibi per non scusarsi, cosa che dovrebbero fare, per almeno cinque anni sprecati nella storia dell’Unione Europea. Colpisce il fatto che si dica che si perseguono due obiettivi: i) individuare i cambiamenti necessari nelle politiche per adattarle alla realtà e sviluppare nuovi modi di lavorare insieme per aumentare la velocità del processo decisionale, ii) semplificare i quadri e le regole e superare la frammentazione. Dico che è sorprendente perché è quello che i riformisti, i conservatori e i patrioti europei chiedono da decenni, ricevendo l’accusa di essere negazionisti, turbocapitalisti o neoliberisti. Ma io insisto sul fatto che, a mio parere, e i precedenti supportano la mia interpretazione, si tratta di pura aria fritta poiché l’intero approccio si basa sull’approvazione di nuovi regolamenti su questioni come l’intelligenza artificiale, il cloud, il quantum computing, la biotecnologia e l’industria spaziale. Piuttosto che regolamentare, dovrebbero eliminare il “wokismo” delle università, le quote di genere o di razza, per promuovere il merito, l’abilità e l’ingegno, e lasciare fluire un flusso fresco di idee e progetti. Ma se saranno i burocrati e i parlamentari a definire il quadro di riferimento, ti assicuro che commetteremo di nuovo gli stessi errori e perderemo altri cinque anni.
Uno dei punti più controversi della Strategia, che è anche in contraddizione con l’approccio teorico, è che non fa marcia indietro sugli obiettivi climatici ma li riafferma. Viene mantenuto l’obiettivo di una riduzione del 90% delle emissioni di carbonio entro il 2040, il che pone noi europei di fronte agli stessi vincoli.
Sappiamo dagli Stati Uniti e dalla Cina che queste nuove tecnologie e la produzione industriale di qualità sono particolarmente energivore, senza che l’eolico e il solare siano fonti sufficienti, stabili, costanti e permanenti. O ci impegniamo nel nucleare, nell’energia idraulica (in contraddizione con gli approcci del Regolamento per il ripristino della natura) e nel gas e nel petrolio o saremo definitivamente esclusi dalla competizione internazionale. Il documento presentato ribadisce – non ci aspettavamo niente di meno – l’annuncio di Ursula Von der Leyen nel suo discorso di insediamento per l’approvazione di un Patto Industriale Pulito; una sorta di Green Deal 2.0 per decarbonizzare l’industria pesante, come la metallurgia o la chimica; il che non fa ben sperare per l’industria europea. Forse uno dei punti in cui il documento della Commissione Europea suscita maggiore indignazione è quando, in riferimento al settore automobilistico, afferma che verrà avviato un dialogo strategico con il settore per potenziare le infrastrutture di ricarica e la promozione del veicolo elettrico. In primo luogo, perché non è stato aperto alcun dialogo con il settore per approvare la direttiva che stabiliva il divieto di circolazione dei veicoli con motore a combustione, ma anzi il settore è stato imposto in nome dell’Agenda 2030; in secondo luogo, perché è chiaro che i cittadini, i consumatori e gli acquirenti europei hanno deciso di non volere i veicoli elettrici; quindi quello che possiamo immaginare è un’enorme quantità di denaro pubblico per finanziare le aziende automobilistiche e coprire le loro perdite o per ottenere una riduzione dei prezzi per incentivare l’acquisto di veicoli elettrici, il che significa che gli europei pagheranno due o tre volte per questa transizione, attraverso le tasse, il debito, il prezzo.
Idee come la creazione di una flotta aziendale verde sembrano più proposte di venditori di olio di serpente che approcci seri per risolvere il problema della produzione, dell’occupazione e dei trasporti in Europa. Non ho molta fiducia, nemmeno in alcune delle aziende che si sono arrese all’enorme potere della Von der Leyen durante l’ultimo mandato e che, quasi sicuramente, ora non aspettano altro che essere sovvenzionate.