Il tasso di cambio euro/dollaro (EURO/USD) nelle ultime sedute continua a tracciare un trend negativo di medio termine a vantaggio del dollaro. Il tasso di cambio euro/dollaro è passato dall’1,14 di inizio anno a livelli inferiori alla parità che non si vedevano da vent’anni, una quota importante anche a livello psicologico. Il tasso di cambio EUR/USD il 25 agosto 2022 ha toccato 0,9985.
La parità EUR/USD è sotto i riflettori di tutti i mercati valutari globali. Bisogna risalire al periodo della crisi delle dotcom (2000-2002) per vedere livelli come questi, quando, in questa occasione, il tasso di cambio ha toccato il minimo storico di 0,82 e lo stress sulla moneta unica è, ora, dovuto principalmente alle pressioni energetiche. È un momento di incertezza per l’Europa, sia per l’inflazione causata dagli shock di approvvigionamento (dovuti ai costi dell’energia), sia per l’instabilità economica, di conseguenza il differenziale tra i tassi dell’euro rispetto al dollaro è aumentato (come spiegato di seguito).
L’analisi tecnica mostra che i livelli di supporto da monitorare sono sulla parità euro/dollaro e intorno all’area di 0,98, mentre al rialzo si devono osservare i livelli di resistenza dell’area di 1,05.
Il problema di questi livelli è legato anche all’elevato numero di posizioni speculative sul rafforzamento del dollaro “net long”, anche se non hanno ancora raggiunto volumi eccessivi. La bassa probabilità di risoluzione delle tensioni geopolitiche e le continue incertezze sugli aumenti dei tassi non fanno altro che favorire il dollaro come valuta/rifugio.
Il presidente della Fed Jerome Powell, in un discorso non troppo lungo al simposio di politica economica di Jackson Hole del 2022 “Reassessing Constraints on the Economy and Policy”, è stato molto preciso nel ribadire i suoi messaggi: “Riportare la stabilità dei prezzi richiederà tempo e un ampio uso dei nostri strumenti per bilanciare domanda e offerta. Ridurre l’inflazione al 2% richiederà probabilmente un periodo di crescita sottotono”. I mercati non hanno gradito molto queste dichiarazioni, in quanto si aspettavano un atteggiamento più ottimista, soprattutto in base ai dati in leggero miglioramento registrati a luglio. Questi interventi di attacco ai consumi sono giustificati dal fatto che, mentre in caso di inflazione causata da shock della domanda, le politiche monetarie restrittive (aumento dei tassi di interesse) hanno un effetto quasi immediato, nel caso attuale, invece, per abbassare i livelli di inflazione da offerta, l’aumento dei tassi da solo non può bastare, ma occorre allineare la domanda all’offerta e l’unico modo per farlo è raffreddare la domanda stessa. Per l’Europa, in particolare, lo shock dell’offerta è ancora più marcato, essendo completamente esogeno, per cui il rialzo dei tassi della BCE serve a controllare le aspettative di inflazione contro lo shock energetico. Il quadro della BCE è più complesso rispetto alla strategia di inasprimento della Fed, ed è per questo che in un momento di volatilità e incertezza il vantaggio per il dollaro è alimentato.
Questo articolo cerca di riassumere le cause e gli effetti dell’attuale tasso di cambio EURO/USD da un punto di vista macroeconomico.
L’Europa, dall’inizio dell’anno, è stata al centro di questioni economiche e geopolitiche a causa del conflitto Russia-Ucraina. La dipendenza dell’Europa dal gas russo, in particolare della Germania, ha evidenziato la forte differenza di approvvigionamento con il resto del mondo, portando a un forte aumento dei prezzi dell’energia e a conseguenti maggiori oneri per le famiglie e l’industria. In sintesi, la situazione attuale non può che lasciar ipotizzare un inevitabile scenario di crescita negativa. Si pensi, ad esempio, ai dati macro pubblicati dalla Germania in cui si registra il primo deficit commerciale mensile dal 1991 a causa degli alti costi delle importazioni e della minore domanda di esportazioni.
Dal lato dei mercati finanziari e valutari, questa situazione offre spunti operativi per il riposizionamento dei portafogli finanziari, in vista di una probabile recessione europea che i mercati sembrano già scontare e su cui pesano questi ribassi, la forte e duratura pressione del razionamento del gas, più in generale degli aumenti dei prezzi delle materie prime.
Sul fronte dell’Unione Europea, c’è preoccupazione per questo rischio e si stanno valutando le varie soluzioni tattiche e strategiche da attuare per contrastare questi colpi alle imprese e ai consumatori, poiché si paventa lo spettro di una possibile stagflazione.
Lo shock dell’offerta, dovuto all’aumento dei costi di produzione e all’incremento dell’inflazione, rallenta la crescita in Europa, portando a un indebolimento dell’euro rispetto al dollaro.
Per quanto riguarda la situazione del dollaro, invece, è noto che l’economia statunitense ha maggiori livelli di autonomia sul fronte dell’energia e delle materie prime, in particolare del gas naturale. Pertanto, a fronte di un’economia globale in forte rallentamento dall’inizio dell’anno, a causa dell’impennata dell’inflazione, delle politiche restrittive delle banche centrali e del conflitto russo-ucraino che non sembra arrestarsi facilmente, la preoccupazione degli investitori li spinge a spostare il loro interesse verso la valuta rifugio per eccellenza, il dollaro USA, accumulando liquidità. Tuttavia, queste sono solo alcune delle ragioni che giustificano il suo apprezzamento, infatti, anche la politica monetaria particolarmente restrittiva della Fed, il cui aumento dei tassi di interesse mira a controllare l’inflazione il più rapidamente possibile, ha contribuito ad ampliare il differenziale dollaro-euro.
La domanda più frequente tra gli esperti del settore è sicuramente quella relativa alla potenziale forza del dollaro USA. Nessuno sa fino a che punto si spingerà la forza della valuta statunitense, ma i dati economici devono essere analizzati di volta in volta. A questo proposito, saranno interessanti i dati sull’inflazione e sull’occupazione negli Stati Uniti, che contribuiranno a decidere l’intensità e la velocità dei successivi rialzi dei tassi da parte della Fed.
Gli interventi delle banche centrali evidenziano una divergenza nell’approccio all’attuazione della politica monetaria della Federal Reserve rispetto alla Banca Centrale Europea. Sicuramente l’obiettivo di entrambe le Banche Centrali è quello di mettere in atto tutte le tattiche in loro possesso per riprendere il controllo dell’inflazione. Nel caso degli Stati Uniti, solo un probabile indebolimento della crescita economica e un calo dell’inflazione potrebbero indurre la Fed ad allentare la sua politica restrittiva ma, fino ad allora, il dollaro dovrebbe mantenere questi livelli elevati.
Concentrandosi invece sulla debolezza dell’euro, vanno sottolineati alcuni effetti di questa condizione, come quello positivo legato alle esportazioni: con una moneta debole si può esportare più facilmente, favorendo la competitività delle imprese europee.
L’unico problema resta ovviamente l’inflazione, il cui aumento potrebbe assorbire questo effetto positivo dello scambio monetario. Rispetto al cambio EURO/USD fin qui esaminato, va ricordato che gli Stati Uniti hanno rappresentato nel 2021 per l’Italia, ad esempio, il terzo mercato di destinazione per l’export dei settori moda, accessori, meccanica e agroalimentare, per un valore di circa sessanta miliardi di dollari ma, d’altra parte, ovviamente, le importazioni sono più costose. In questo preciso contesto, il prezzo aumenta non solo per i prodotti hi-tech statunitensi, ma anche per le forniture energetiche. Si pensi, ad esempio, all’acquisto di petrolio, il cui prezzo al barile è espresso in dollari e ancora, pensando alle alternative di approvvigionamento, le ipotesi che circolano sono quelle di compensare le riduzioni delle forniture di gas russo, con importazioni di gas liquido dagli Stati Uniti, pagandolo, ovviamente, in dollari.
In conclusione, le conseguenze del tasso di cambio euro/dollaro hanno ripercussioni anche sul settore turistico, come le strutture di viaggio, gli alloggi e gli acquisti per gli americani in Europa. Emerge certamente un vantaggio a favore dell’Europa che, con la ripresa dei flussi turistici, segnala benefici economici per l’indotto.
Autore: Katia Franchitto
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