Le elezioni europee si avvicinano sempre di più. Articoli di ogni tipo vengono riprodotti e ripetuti dalla stampa nazionale e di Bruxelles negli Stati membri con valutazioni sorprendenti, a volte con conclusioni irragionevoli. – la possibilità che il nuovo Parlamento europeo prenda una svolta radicale, con una predominanza di partiti patriottici, conservatori o identitari.
La più che prevedibile crescita esponenziale di partiti come Fratelli, VOX o Rassemblement; l’ingresso di nuove forze di destra come Chega, il consolidamento di Fidesz o di Diritto e Giustizia, nonostante gli attacchi della stampa; la possibile irruzione di altre forze democratiche, sembra scuotere le fondamenta della stampa europea, così abituata a tessere le lodi delle “grandi coalizioni” di partiti popolari, socialisti e liberali, talvolta anche con i Verdi.
Ovviamente, in tutte le loro analisi omettono che se questi partiti stanno crescendo, e in alcuni casi possono raddoppiare i loro rappresentanti a Bruxelles, è perché i cittadini li voteranno. È una malattia dei nostri tempi valutare una società come democratica o meno in base al partito che governa o vince le elezioni. Così, la Polonia radicale e pericolosa è diventata, in meno di qualche mese, un esempio di funzionamento democratico per l’oligarchia di Bruxelles, solo perché Donald Tusk ha vinto; o meglio, solo perché Donald Tusk è riuscito a formare un governo di coalizione pur non avendo vinto le elezioni.
Il Vangelo dice: dai loro frutti o dalle loro opere li riconoscerete. Nella politica e nella stampa di oggi è vero il contrario. Non importa i fatti. Ciò che conta è dove o con chi ti metti in fila, o dove o con chi ti fai fotografare.
Davvero, non smette mai di stupirmi il fatto che non ci sia nemmeno la metà degli articoli quando un partito di sinistra radicale o addirittura comunista ottiene un buon risultato elettorale. La stampa europea, con le dovute eccezioni, dimostra non solo un insopportabile settarismo, ma anche una nota capacità di manipolare il messaggio. Ma l’attesa crescita del blocco patriottico in Europa è un’altra dimostrazione che l’influenza dei media tradizionali – televisione, radio e stampa – è in netto declino.
E non solo per i giovani. Credo che ogni giorno milioni di europei si allontanino dalle opinioni pubblicate, fondamentalmente perché ciò che viene pubblicato non ha nulla a che vedere con la realtà vissuta da milioni di agricoltori o allevatori, piccoli imprenditori, poliziotti o insegnanti, che subiscono gli effetti di politiche che danneggiano le loro vite, la prosperità delle città, la redditività di aziende e fattorie, l’insicurezza nelle strade o la perdita di autorità degli insegnanti.
Credo davvero che ci sia una lenta ma costante ribellione – a volte silenziosa – di ampi strati della società, lavoratori, dipendenti pubblici, piccoli e medi imprenditori.
E non è il momento di spegnere questa ribellione. Al contrario, abbiamo il dovere politico e morale di soffiare sul fuoco della protesta e dare voce a milioni di europei che non si vedono più rappresentati nelle istituzioni di Bruxelles, più interessate a promuovere ideologie, spesso settarie, che alla sicurezza e alla prosperità delle famiglie europee.
Di certo, il movimento conservatore, patriottico e identitario in Europa sta segnando la campagna. Speriamo che possa segnare anche le politiche di Bruxelles.