In una svolta attesa ma altrettanto esasperante per molti, Carles Puigdemont, l’individuo che ha sfidato lo stato di diritto spagnolo promuovendo un referendum illegale sull’indipendenza della Catalogna nel 2017, si sta ora posizionando come potenziale candidato alle elezioni regionali. Questa volta lo ha fatto dalla città francese di Elna, evocando cinicamente il simbolismo separatista in quanto è stata il nascondiglio delle urne e della stampa delle schede elettorali per il referendum illegale del 1° ottobre.
Puigdemont, attualmente latitante per la giustizia spagnola, ha annunciato la sua potenziale candidatura attraverso il suo partito, JxCat, scatenando un’ondata di critiche e preoccupazioni tra coloro che ancora apprezzano la legalità e l’ordine costituzionale. Il suo ritorno come candidato alle elezioni regionali è, di per sé, un atto di sfida contro l’autorità e una presa in giro della giustizia spagnola.
La cosa più sorprendente è l’aspettativa di Puigdemont di tornare in Catalogna per partecipare al dibattito sull’investitura alla fine di giugno, contando sull’approvazione di una legge di amnistia che cancellerebbe le conseguenze delle sue azioni illegali. Tuttavia, questa legge non solo minerebbe le basi della giustizia, ma invierebbe anche un pericoloso messaggio di impunità e disprezzo per lo stato di diritto.
È importante ricordare che Puigdemont non è mai stato investito della carica di Presidente della Generalitat dopo le elezioni del 2017 a causa delle restrizioni legali imposte dalla Corte Costituzionale. Ora, il suo ritorno come candidato solleva la scomoda questione se un fuggitivo dalla giustizia potrà ricoprire una posizione politica di alto livello.
L’avvocato di Puigdemont, Gonzalo Boye, ha dichiarato che il suo cliente è disposto ad affrontare le conseguenze del ritorno in Catalogna, anche se ciò significa essere arrestato. Questa posizione di sfida non fa che rafforzare la percezione che Puigdemont si consideri al di sopra della legge e sia disposto a cogliere qualsiasi opportunità per portare avanti la sua agenda separatista, a prescindere dal costo per la stabilità e l’ordine legale.
In questo contesto, vale la pena notare la collaborazione tra Pedro Sánchez e Junts per Catalunya per facilitare la sua investitura a Presidente del Governo, rivelando la disperazione del Presidente spagnolo di rimanere al potere ad ogni costo. Fin dai primi negoziati con i gruppi separatisti e radicali, il rapporto tra governo e Junts è stato una palese dimostrazione di mancanza di rispetto per le istituzioni e per lo Stato di diritto.
Il tentativo di dividere il terrorismo in categorie convenienti per escludere i leader del processo di indipendenza da qualsiasi responsabilità legale è una sfida diretta alla giustizia e di conseguenza ai giudici che hanno partecipato al verdetto del 1° ottobre. Questo approccio opportunistico dimostra ancora una volta che sia Sánchez che i leader di Junts sono disposti a sacrificare i principi più elementari per le loro ambizioni politiche.
Inoltre, la manipolazione delle istituzioni e l’uso di trucchi legali per ottenere l’impunità dimostrano una sorprendente mancanza di rispetto per la democrazia e la volontà del popolo spagnolo. Consentire a Puigdemont di tornare come candidato e potenziale presidente legittimerebbe un affronto alla legalità e all’integrità istituzionale, mettendo in pericolo la stabilità della Catalogna e di tutta la Spagna.
Inoltre, la possibilità che Puigdemont sia candidato ed eventualmente eletto come Presidente della Generalitat solleva serie preoccupazioni sul futuro della Catalogna.
È tempo che i cittadini catalani e i leader politici di tutta la Spagna affrontino questa minaccia alla democrazia e allo stato di diritto che Puigdemont rappresenta. Permettergli di tornare come candidato e potenziale presidente sarebbe un grave errore che mina i principi fondamentali della nostra società. È ora di dire no al ritorno del latitante, no all’impunità e sì alla difesa della legalità e della democrazia in Spagna.