Dopo la Germania, la Francia e l’Italia, la Spagna è senza dubbio lo Stato membro più importante dell’Unione Europea, non solo in termini di PIL ma anche di popolazione e, per dirla in questo modo, di influenza e posizionamento internazionale.
Da un lato, la sua posizione al confine meridionale dell’Europa, a pochi chilometri dall’Africa settentrionale, al confine anche con il Marocco – con le città spagnole di Ceuta e Melilla -; dall’altro, e non meno importante, per le sue relazioni storiche, culturali, politiche ed economiche con tutta l’America, ma soprattutto con l’America meridionale e centrale.
Per questo motivo, per il movimento conservatore europeo, monitorare ciò che sta accadendo in Spagna dovrebbe essere una priorità, in quanto l’asse o la connessione transatlantica non dovrebbe essere solo la relazione UE-Stati Uniti, ma anche quella UE-Ibero-America. Per ragioni economiche, culturali, politiche e strategiche.
Il governo di coalizione socialista-comunista guidato da Pedro Sánchez in Spagna, in perenne crisi istituzionale, dipendente dai partiti separatisti e con evidenti connessioni, attraverso il Forum di San Paolo e il Gruppo di Puebla, con le cosiddette “narco-dittature” di Cuba e Venezuela e con i governi di sinistra radicale di Brasile e Cile, per fare solo alcuni esempi, dovrebbe essere un motivo primario per tutti i ministeri degli Esteri europei. Se non è stato così, è a causa del tono di sinistra delle politiche della Commissione Von der Leyen, sottomessa ai liberali, ai verdi e ai socialisti europei, e perché Sánchez è stato uno dei principali difensori e promotori del fanatismo climatico che ha permeato il Patto Verde Europeo.
L’ultima settimana ha visto l’ultimo degli scandali in Spagna. Sicuramente domani ce ne sarà un altro. Dopo il grottesco annuncio del Presidente Sánchez di ritirarsi a riflettere per qualche giorno in vista delle gravi accuse di corruzione rivolte al suo governo e a sua moglie, per poi rilasciare una dichiarazione pubblica in cui minacciava giudici, giornalisti e l’opposizione politica di una feroce persecuzione, si è verificata una crisi diplomatica di primo ordine.
Uno dei suoi ministri, Óscar Puente, e un uomo di sua fiducia, ha accusato pubblicamente Javier Milei, presidente della Repubblica Argentina, di fare uso di droga. La risposta del governo argentino è stata implacabile, e molto celebrata in Spagna, ribattendo colpo su colpo alla menzogna del governo Sánchez, una comunicazione pubblica in cui si ritrae la miseria politica del governo di coalizione: divisione territoriale, pretese di amnistia per i politici pro-golpe, corruzione economica.
I governi europei farebbero bene a preoccuparsi della pericolosa deriva del governo socialista e comunista in Spagna. Le conseguenze delle sue politiche, negli affari internazionali o nell’inesistente controllo dell’immigrazione, si fanno sentire in tutta Europa.
È inaccettabile che un governo europeo cerchi di nascondere i propri problemi all’opinione pubblica scatenando una crisi diplomatica con una nazione come l’Argentina, che sta facendo sforzi straordinari per uscire dalla crisi permanente – economica e istituzionale – in cui il kirchnerismo l’ha fatta precipitare per anni. La Spagna non merita un governo che la porti al ridicolo, solo perché Milei è amico, alleato e partner di Santiago Abascal, leader di VOX, un partito che fa parte del partito ECR e che ha già annunciato la sua presenza a Madrid il 18 e 19 maggio alla grande manifestazione conservatrice che segnerà la fine di questa legislatura.