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Conservatori e liberali classici: Alleati naturali

Politica - Ottobre 20, 2023
El Escorial, Madrid.

Diario europeo: L’Escorial, giugno 2021

Finalmente la peste era finita. Il mio primo viaggio all’estero dopo l’epidemia di Covid è stato nel giugno 2021 a Madrid, dove ho tenuto una lezione all’Università estiva organizzata dall’istituto di ricerca di Bruxelles New Direction e dal think tank spagnolo Fundación Civismo. Si tenne all’Escorial, il palazzo costruito vicino a Madrid nel 1563-1584 dal re Filippo II di Spagna.

Il 14 giugno due eminenti studiosi spagnoli, Pedro Schwartz, professore di economia presso l’Università CEU San Pablo di Madrid, e Francisco José Contreras, professore di giurisprudenza presso l’Università di Siviglia e deputato al Parlamento spagnolo per Vox, hanno tenuto interessanti presentazioni su liberalismo e conservatorismo, alle quali ho successivamente risposto. Conosco il professor Schwartz da oltre quarant’anni in quanto membro dell’accademia internazionale di studiosi classici liberali e conservatori, la Mont Pelerin Society, fondata dall’economista e filosofo anglo-austriaco Friedrich von Hayek nel 1947. Schwartz, discepolo del filosofo anglo-austriaco Karl R. Popper alla London School of Economics, è stato presidente della Mont Pelerin Society nel 2014-2016. Anche se nel 2021 aveva già 86 anni, era un oratore vivace ed eloquente come sempre. Quasi trent’anni più giovane di Schwartz, anche Contreras ha contribuito con molte intuizioni alla Summer School. Fa parte di un gruppo di studiosi spagnoli che cercano di contrastare i tentativi degli intellettuali di sinistra di distorcere la storia, non da ultimo quella spagnola.

Il terreno comune

Nel mio primo intervento, ho concordato con Schwartz e Contreras sul fatto che oggi c’è molto terreno comune tra conservatori e liberali classici, anche se alcuni tipi di conservatorismo sono illiberali, mentre alcuni tipi di liberalismo sono anti-conservatori (per esempio l’individualismo romantico, che sostituisce il principio della libertà sotto la legge con la richiesta di un’espressione personale illimitata). Ho descritto la lunga tradizione di quello che potrebbe essere chiamato liberalismo conservatore, facendola risalire al XIII secolo, al cronista islandese Snorri Sturluson e al filosofo italiano San Tommaso d’Aquino. In entrambi i pensatori erano presenti le idee gemelle del governo per consenso e del diritto di ribellarsi ai tiranni, sebbene la tradizione conservatrice-liberale sia stata in seguito articolata in modo più sistematico da John Locke, David Hume e Adam Smith, gli autori riconosciuti del liberalismo classico e conservatore.

Forse la principale differenza tra il liberalismo conservatore e gli altri tipi di liberalismo può essere evidenziata da interpretazioni contrastanti di quattro rivoluzioni della storia occidentale. I liberali conservatori hanno sostenuto la Rivoluzione britannica del 1688 e la Rivoluzione americana del 1776 perché sono state fatte per preservare ed estendere le libertà esistenti, mentre si sono opposti alla Rivoluzione francese del 1789 (così come si è evoluta dopo un inizio promettente) e alla Rivoluzione russa del 1917 perché sono state fatte per ricostruire l’intera società da parte di una piccola setta politica e per imporre i valori sostenuti da questa setta al resto. I quattro principi fondamentali del liberalismo conservatore, ho detto, sono la proprietà privata, il libero scambio, il governo limitato e il rispetto delle tradizioni. Aggiunsi che, a mio avviso, von Hayek aveva offerto una profonda sintesi delle intuizioni conservatrici e dei principi liberali classici con la sua teoria dell’inevitabile ignoranza individuale che poteva essere superata solo dal processo di scoperta di una società libera. Nel secondo intervento ho parlato del mio recente libro in due volumi, Ventiquattro pensatori conservatori-liberali.

Riflessioni all’Escorial

All’Escorial c’è un monastero e i monaci ci hanno gentilmente accompagnato in una visita speciale dell’immenso palazzo, il più grande edificio rinascimentale del mondo. Abbiamo visto gli uffici sorprendentemente modesti del re Filippo II, da cui cercò, con scarso successo, di governare l’Impero spagnolo. Si impegnò a fondo per tenere sotto il suo controllo i Paesi Bassi ribelli e ci sono pochi dubbi che il romanziere spagnolo Miguel Cervantes alludesse a lui quando descrisse la battaglia di Don Chisciotte contro quelli che si rivelarono essere mulini a vento, non a caso parte integrante del paesaggio olandese. In effetti, il celebre romanzo di Cervantes può essere letto come una parodia del progetto futile e in definitiva assurdo di cercare di conquistare paesi stranieri e lontani, la battaglia donchisciottesca contro i mulini a vento.

Passeggiando per l’Escorial, non ho potuto fare a meno di riflettere sulla storia spagnola. Una lezione è il tragico errore commesso dai nonni di Filippo II, Ferdinando e Isabella, quando cacciarono gli ebrei dalla Spagna, perdendo così alcuni dei loro sudditi più intraprendenti. La pensatrice russo-americana Ayn Rand ha posto una domanda impegnativa nel suo romanzo Atlas Shrugged: Cosa succede se gli elementi più produttivi della società devono andarsene? La Spagna fornisce una risposta: La stagnazione (e poi, ovviamente, ignoriamo tutte le tragedie personali). Un’altra lezione più edificante della storia spagnola è la transizione relativamente morbida dalla dittatura alla democrazia negli anni Settanta, dove la monarchia ha svolto un ruolo cruciale, garantendo continuità e stabilità. Questa transizione è stata facilitata dal fatto che sotto Francisco Franco la Spagna non è mai stata un Paese completamente totalitario. Oltre al governo, aveva molti altri punti di riferimento o centri di autorità: oltre alla famiglia reale, forse i più importanti sono la Chiesa e la comunità imprenditoriale. La libertà può talvolta essere una conseguenza non voluta della dispersione dell’autorità.