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Esiste un diritto allo sciopero politico?

Saggi - Luglio 29, 2024

Nella sua enciclica “Quadragesimmo anno” del 1924 sulla ricostruzione dell’ordine sociale, Papa Pio XI scartò gli scioperi e le serrate come ricorso se le parti sociali non riescono a risolvere le loro controversie.
Preferisce piuttosto che l’autorità pubblica intervenga nel conflitto, in modo che le varie classi collaborino pacificamente e che le organizzazioni socialiste e le loro attività vengano represse.
Al contrario, la Carta Sociale Europea è stata il primo strumento internazionale sui diritti umani a riconoscere esplicitamente il diritto di sciopero nel 1961.
Seguendo una linea simile, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 2000, all’articolo 28, proclama il diritto di sciopero, in caso di conflitti di interesse, per intraprendere azioni collettive a difesa degli interessi dei lavoratori.
Più recentemente, il Parlamento europeo ha pubblicato uno studio su un potenziale diritto di sciopero politico a livello europeo.
Questo non riguarda più i lavoratori che cercano di fare pressione sul loro datore di lavoro, ma sul loro governo.
L’obiettivo dello sciopero contro il governo può quindi essere sia sociale che semplicemente politico.
Finora, il diritto allo sciopero politico non è stato riconosciuto né dal diritto internazionale né da quello nazionale.
Cinque Stati membri, ovvero Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania e Spagna, vietano esplicitamente gli scioperi con un obiettivo esclusivamente politico.
I lavoratori possono rivolgersi ai rispettivi governi attraverso lo sciopero, ma con un obiettivo sociale o economico, non puramente politico.
Se lo fanno, possono anche essere sanzionati.
Un nutrito gruppo di diciassette Stati membri non vieta esplicitamente gli scioperi con finalità esclusivamente politiche, ma definisce gli scioperi come legati a controversie commerciali tra lavoratori e datori di lavoro.
Tuttavia, possiamo suddividere questa maggioranza di Stati membri in due gruppi più piccoli: tre di essi (Germania, Polonia e Repubblica Slovacca) collegano lo sciopero alla negoziazione di accordi collettivi, escludendo quindi implicitamente lo sciopero politico; mentre i restanti quattordici su diciassette (Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovenia e Ungheria) collegano il diritto di sciopero alla tutela degli interessi sociali ed economici dei lavoratori, escludendo quindi anche lo sciopero implicitamente politico.
All’estremo opposto, cinque Stati membri (Austria, Finlandia, Italia, Paesi Bassi e Svezia) consentono esplicitamente lo sciopero politico.
Pertanto, dal punto di vista delle leggi nazionali dei diversi Stati membri, si può concludere che dei ventisette Paesi europei che fanno parte dell’Unione, la stragrande maggioranza, oltre l’ottanta per cento, non sostiene gli scioperi puramente politici, mentre solo cinque lo fanno.
E che dire dell’Unione Europea?
L’articolo 28 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE prevede il riconoscimento del diritto allo sciopero politico?
Né la sua formulazione ambigua né la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenze Viking, dell’11 dicembre 2007, e Laval, del 18 dicembre dello stesso anno) consentono di affermarlo; nemmeno il Comitato Europeo dei Diritti Sociali, l’organo di controllo della Carta Sociale Europea del 1961, è andato oltre.
Per quanto riguarda il diritto internazionale, il Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 fa riferimento agli interessi economici e sociali dei lavoratori, sembrando così escludere ancora una volta gli interessi puramente politici. Infine, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), nelle sue Convenzioni n. 87 (sulla libertà di associazione e la protezione del diritto di organizzazione, firmata nel 1948) e 98 (sul diritto di organizzazione e di contrattazione collettiva, firmata nel 1949), non prevede un riconoscimento esplicito del diritto di sciopero, anche se di uno sciopero politico.
Tuttavia, alcune voci all’interno dell’OIL hanno espresso la volontà di accettare il diritto di sciopero contro le politiche economiche e sociali di un governo, forse la strada verso il futuro riconoscimento degli scioperi politici altrove.
Fonte dell’immagine: Wikipedia