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Guerra in Ucraina: Solo la diplomazia può impedire un’escalation

La Farnesina si distacca dalle intenzioni di Parigi e Londra. La posizione del governo italiano sull’Ucraina rimane la stessa: difendere la libertà e l’indipendenza di Kiev e, allo stesso tempo, costruire le condizioni per la pace attraverso la diplomazia. L’Italia, insomma, prende le distanze dalle dichiarazioni di Emmanuel Macron e David Cameron, che servono solo a irritare Mosca e a infiammare una situazione intrinsecamente esplosiva sul fronte orientale.

Come due mesi fa, il presidente francese ha parlato ancora una volta dell’invio di truppe occidentali al fronte, un suggerimento che non ha trovato riscontro in altri paesi europei. Al contrario, ha incontrato le obiezioni e l’opposizione di Germania e Italia. Il Ministero degli Esteri, attraverso le parole del Ministro Antonio Tajani, ha ribadito che nessun soldato italiano andrà in Ucraina a combattere e che l’Italia non è in guerra con la Russia. Il Regno Unito è apparso molto freddo sulla possibilità di inviare soldati di Sua Maestà in Ucraina, ma è stato più esplicito sul possibile utilizzo da parte delle forze armate di Kiev di ordigni britannici per colpire obiettivi russi. Il ministro della Difesa David Cameron, infatti, ha fornito assistenza al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ha persino aperto una linea di credito. Oltre ad aumentare le spese militari e di difesa, portandole gradualmente al 2,5% del PIL entro il 2030, il premier Sunak e Cameron hanno stanziato ulteriori aiuti per l’Ucraina. La cifra di 3,5 miliardi di sterline all’anno rappresenta il maggior contributo fornito a Kiev da un governo europeo. Dal 24 agosto 1991, data dell’indipendenza dell’Ucraina dalla Russia, Londra si è dimostrata il più fedele alleato continentale di Kiev.

Aiuti economici, ma anche munizioni e armamenti. Il Regno Unito è stato il primo paese a fornire missili a lungo raggio alle forze di Zelensky. Il possibile utilizzo di razzi balistici, in grado di colpire un bersaglio distante anche 500 chilometri – e quindi in territorio russo – è stato sconsigliato dagli Stati Uniti d’America. Washington non vuole che la situazione vada fuori controllo; un’escalation sarebbe dannosa per tutti, soprattutto a pochi mesi dalle elezioni presidenziali che vedranno Joe Biden e Donald Trump sfidarsi ancora una volta.

Mosca, che ha definito molto pericolose le dichiarazioni di Macron e Cameron, si prepara a mostrare i muscoli. Dopo aver negato di voler rivedere i propri confini marittimi, gli eserciti di Putin si preparano a svolgere esercitazioni nucleari tattiche a pochi chilometri dallo stato ucraino.

Dalla Finlandia alla Lettonia, tutti i paesi che si affacciano sul Mar Baltico stanno per rafforzare le loro frontiere. Le nazioni dell’UE che hanno ottenuto l’indipendenza dalla Russia temono un allargamento del conflitto e di vivere la stessa situazione dell’Ucraina. Condannano fermamente e formalmente sia l’invasione di uno Stato sovrano e indipendente, sia quegli atti di belligeranza che vengono definiti ibridi. Perché la guerra non si combatte solo al fronte, ma è animata anche da azioni elettroniche, spionaggio, sabotaggio e disinformazione.

Tallinn accusa la Russia di condurre una guerra ombra contro l’Occidente. Vilnius, invece, è convinta che l’obiettivo di Mosca sia quello di diffondere paura, incertezza e dubbi tra la popolazione delle ex repubbliche sovietiche che a giugno voteranno per il rinnovo del Parlamento europeo. Per questo motivo chiede una risposta ferma e adeguata da parte della NATO e di Bruxelles.

La guerra ibrida ha anche attraversato, in modi diversi, i confini di Polonia, Repubblica Ceca e Germania. Se il governo di Varsavia è riuscito a sventare attacchi, assalti e incendi, Praga e Berlino hanno dovuto affrontare con grande difficoltà gli spietati hacker russi. La Germania ha ammesso che l’attacco dello scorso anno alle email dei membri del Partito Socialdemocratico vicini al cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva una matrice sovietica.

Negli ultimi mesi, l’attività della Russia per destabilizzare gli Stati membri dell’UE è proseguita anche ad altri livelli. Una di queste è la manipolazione delle informazioni. In una risoluzione adottata il 17 maggio, il Consiglio Europeo ha sospeso quattro media che hanno diffuso e sostenuto la propaganda in relazione alla guerra di aggressione contro l’Ucraina. Il portale Voice of Europe, l’agenzia RIA Novosti e i giornali Izvestia e Rossiyskaya Gazeta, quindi, non potranno svolgere attività di trasmissione sul territorio europeo e potranno limitarsi a fare ricerche e interviste. L’azione del Consiglio Europeo è stata condannata da Mosca, che ha immediatamente reagito etichettandola come censura politica di qualsiasi visione alternativa e contraria alla narrativa occidentale.

Tutto questo accade quando il voto per il rinnovo dei parlamenti di Strasburgo e Bruxelles è molto vicino. Dal 6 al 9 giugno, infatti, 360 milioni di cittadini appartenenti ai 27 Stati dell’Unione Europea si recheranno alle urne per soddisfare uno dei loro diritti e rafforzare la democrazia nel Vecchio Continente. È logico che le strategie e le priorità della Commissione europea e del Parlamento dipenderanno anche dall’esito delle consultazioni. Come ha già ribadito Ursula von der Leyen lo scorso febbraio, la difesa dei confini europei sarà un tema da inserire nell’agenda politica continentale. L’inquilino del Palazzo Berlaymont ha anche aggiunto che, se dovesse essere confermata, potrebbe prendere in considerazione l’istituzione di un commissario strategico specifico per la difesa dell’UE.

Subito dopo il voto per le elezioni europee, dal 13 al 15 giugno, si terrà un vertice del G7 a Borgo Egnazia, in Puglia, presieduto dal Primo Ministro Giorgia Meloni. L’incontro potrebbe essere foriero di azioni che dovrebbero indebolire la Russia e far riflettere Vladimir Putin su un possibile cessate il fuoco. Gli Stati Uniti stanno facendo pressione sugli alleati affinché sequestrino unilateralmente quasi 300 miliardi di dollari di riserve e beni russi, congelati due anni fa subito dopo l’invasione dell’Ucraina. Se Washington spinge per una decisione del genere, il Giappone e l’Europa sono molto più cauti rispetto a quello che il presidente della BCE Christine Lagarde considera un pericoloso precedente. Le questioni legali e tecniche da considerare in un caso del genere sono molte. I pareri, forse non vincolanti, potrebbero essere forniti dai ministri delle finanze del G7 subito dopo la riunione preparatoria di Stresa.

Il G7, in ogni caso, faciliterà il dialogo e i colloqui tra i vari rappresentanti di Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Giappone, oltre all’Europa, rappresentata per l’occasione dall’attuale Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e da Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo. Non c’è dubbio che la priorità di ogni capo di stato e primo ministro sia quella di fermare le ostilità sul fronte ucraino, utilizzando innanzitutto la diplomazia. Anche Macron, che solo nel 2024 ha ipotizzato per due volte l’invio di truppe occidentali al fronte, ci sta provando. In vista delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi, in programma rispettivamente dal 26 luglio all’11 agosto e dal 28 agosto all’8 settembre, il Presidente della Repubblica francese auspica il rispetto della Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite e della cosiddetta Tregua Olimpica, il principio che nell’antica Grecia, durante i Giochi, garantiva un periodo di pace per tutta la durata dell’evento. A questo proposito, Macron ha fatto leva sulla capacità diplomatica di Pechino e sulla sua influenza su Mosca. Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, dopo aver assicurato alla Francia il suo impegno a garantire una tregua ai Giochi Olimpici di Parigi, ha discusso la questione con il Presidente russo Vladimir Putin. Mosca ha temporeggiato, non accettando né rifiutando, e si è riservata l’ultima parola. Se la decisione della Russia dovesse arrivare a un cessate il fuoco, Kiev non sarebbe comunque completamente soddisfatta, visto che il presidente Zelensky ha già fatto sapere che non si fiderebbe delle promesse del nemico.

La strada per la pace e per il cessate il fuoco rimane in un vicolo cieco, ma in ogni caso l’unica soluzione possibile rimane quella proposta dal Ministero degli Esteri italiano: la diplomazia.