Si è tenuto a Bruxelles il Consiglio europeo di due giorni che ha visto i leader dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea discutere: il conflitto tra Israele e Hamas, il quadro finanziario 2021-2027, la guerra in Ucraina e l’immigrazione.
Il tema che ha portato a interrogarsi e a dividere i presenti è stato la guerra in Medio Oriente. Dopo lunghi e accesi negoziati durati più di cinque ore, si è giunti alla conclusione che non sarà indetto un “cessate il fuoco”, come proposto dal socialista spagnolo Pedro Sanchez seguito dal primo ministro irlandese, ma più “pause umanitarie” a breve termine. Il problema del “cessate il fuoco”, come spiegato mercoledì al Parlamento italiano dalla presidente Giorgia Meloni e poi ribadito sia dal premier olandese Mark Rutte che dal cancelliere austriaco Karl Nehammer, è che incoraggerebbe Hamas ad andare avanti e direbbe agli israeliani che non hanno il diritto di difendersi.
Al posto di questo, come già detto,“pause umanitarie” sono stati scelti. Con questa formulazione, si vuole dare ai civili palestinesi la possibilità di fuggire dalle zone di guerra. Nel testo concordato tra i 27 capi di Stato si legge: “Il Consiglio europeo esprime la massima preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria a Gaza e chiede un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli e che gli aiuti raggiungano coloro che ne hanno bisogno attraverso tutte le misure necessarie, compresi corridoi e pause per le esigenze umanitarie”. Oltre a collaborare con i partner della regione per proteggere i civili e fornire assistenza e accesso a cibo, acqua, cure mediche, carburante e ripari.
Una posizione in linea con quanto affermato dal presidente dei Conservatori e Riformisti europei, Giorgia Meloni. Quest’ultimo, infatti, a conclusione della prima giornata del Consiglio ha dichiarato: “Stiamo facendo un lavoro comune per una de-escalation, per evitare un conflitto che potrebbe avere proporzioni inimmaginabili. C’è pienezza di intenti e unità di intenti su questo. Credo che l’UE possa svolgere un ruolo importante in questa fase”. Una soluzione individuata dal Presidente del Consiglio italiano e apprezzata dagli altri Capi di Stato è quella di dare maggior peso all’Autorità nazionale palestinese. Questo può essere fatto solo individuando una classe dirigente capace e in grado di sviluppare un dialogo con l’Occidente. Meloni ha condiviso questa visione anche durante una telefonata con sei rappresentanti di Stati Uniti d’America, Canada, Regno Unito, Germania e Francia.
Ovviamente si è parlato molto della guerra in Ucraina che, nonostante non occupi più le prime pagine dei giornali, esiste ancora e dura da 614 giorni. Il sostegno europeo è messo in discussione da Robert Fico, il neoeletto Presidente del Governo della Repubblica Slovacca, e da Viktor Orbán, il Primo Ministro ungherese. Entrambi non sono favorevoli all’invio di ulteriori fondi all’Ucraina. Il piano proposto dalla Commissione europea prevede un piano di aiuti di 50 miliardi di euro: 33 miliardi di euro in prestiti e 17 miliardi di euro in sovvenzioni. Una logica respinta dal governo italiano, che è favorevole ad aiutare Kiev, ma sottolinea la necessità di trovare un accordo unico che includa anche un accordo sui fondi per l’immigrazione. Un accordo che deve essere trovato al più presto, altrimenti l’Ucraina si ritroverà senza aiuti dal 1° gennaio.
Anche il tema dei migranti è stato centrale. La visione italiana, sposata anche dalla Commissione europea, di fronte alla guerra in Medio Oriente sembra ormai condivisa. Tra le proposte: valutare una proroga della missione navale Irini, rendere più efficaci i rimpatri e aumentare i fondi destinati al dossier migrazioni. Per fare tutto questo è fondamentale la collaborazione con i Paesi del Nord Africa, primo fra tutti l’Egitto.