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J.D. Vance non ha fatto prigionieri nel suo discorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Ha denunciato le persecuzioni contro i cristiani in Inghilterra che hanno osato pregare in prossimità delle cliniche abortive e in Scozia, dove la stessa repressione ultra-secolare è illegale anche nei confini della propria casa privata. Ha portato alla luce l’arresto da parte della polizia tedesca di cittadini che pubblicano contenuti antifemministi online. E ha condannato l’assurdità della Svezia, dove un attivista anti-Islam è stato condannato per incitamento contro un gruppo protetto, solo per aver bruciato un Corano.
Inoltre, ha messo in luce l’ipocrisia dell’élite liberale europea quando parla di sostenere valori democratici e tolleranti, mentre censura il dissenso politico su temi sensibili come l’immigrazione e minaccia di bandire i partiti politici con tali piattaforme (riferendosi al dibattito in corso sull’AfD in Germania – un partito che, per inciso, non è stato invitato a Monaco nonostante il suo sostegno popolare).
L’accoglienza ovviamente fredda del pubblico al discorso di Vance dice tutto quello che c’è da sapere. In realtà, il discorso del Vicepresidente è stato del tutto inoppugnabile. Ha riconosciuto la necessità di raggiungere la pace in Ucraina, di promuovere l’amicizia tra le due sponde dell’Atlantico e di salvaguardare i valori comuni dell’Occidente: tutte cose che in seguito è stato accusato di aver trascurato dai media liberali e dal settore offeso del dibattito pubblico.
In uno dei Paesi criticati da Vance, la Svezia, le reazioni si sono radicate proprio nell’ordine che il vicepresidente ha impietosamente decostruito nel suo discorso. Il ministro degli Esteri Maria Malmer Stenergard ha rimproverato a Vance di aver rivisto, in quanto politico, il verdetto di un tribunale indipendente in merito alla condanna dell’attivista anti-Islam Salwan Najem. L’ex primo ministro Carl Bildt ha snobisticamente respinto le osservazioni di Vance sulla libertà di parola in Europa definendole “irrilevanti”. Il direttore del principale think tank svedese sul libero commercio e l’imprenditoria Timbro, PM Nilsson, ha dichiarato che è giunto il momento che l’Europa e gli Stati Uniti si separino l’uno dall’altro, affermando inoltre che gli Stati Uniti non sono più un guardiano della democrazia.
Un pubblico intellettualmente più onesto avrebbe apprezzato la critica di JD Vance come del tutto valida. Di sicuro nessun politico europeo ritiene che sia nell’ordine giusto che i cittadini europei nell’anno 2025 possano essere arrestati per dei tweet meschini? Quanti politici europei non sono d’accordo sul fatto che il caos crescente dovuto a decenni di immigrazione di massa incontrollata sia un fallimento?
Nel suo discorso Vance ha offerto una mano all’Europa per trovare un percorso sano e comune su cui camminare ancora una volta fianco a fianco. Che l’Europa si assuma la responsabilità della propria sicurezza energetica e militare e che non tradisca le libertà per le quali i suoi cittadini hanno combattuto innumerevoli e sanguinose guerre.
Invece, l’élite europea ha rifiutato questa mano. Dalle prime reazioni, sembra che i nostri leader non capiscano, e forse non vogliano, la libertà dei nostri cittadini di esercitare liberamente il cristianesimo tradizionale, di criticare l’Islam o di ridicolizzare particolari ceppi ideologici. Al di fuori di questi esempi citati da Vance, ci sono innumerevoli casi in cui ci si chiede davvero chi abbia vinto la Guerra Fredda.
La classe politica e mediatica che sceglie di non accogliere le critiche di Vance appare piuttosto emotiva nelle sue proteste. La conferenza di Monaco è stata concepita come uno “spazio sicuro” per la loro sensibilità politica, dove non hanno firmato per ascoltare opinioni dissenzienti – si aspettavano una mobilitazione quasi universale sul futuro dell’Ucraina. Per questo motivo, non sorprende che si siano offesi quando JD Vance si è allontanato dal copione e ha sottolineato l’elefante nella stanza.
Contrariamente a quanto affermano i critici del Vicepresidente, la libertà di parola e altre libertà politiche non sono irrilevanti per la sicurezza europea. Come sottolinea Vance, cosa stiamo difendendo se non le nostre libere democrazie? Se ai cittadini viene negato il diritto di esprimere la propria opinione e di sostenere particolari programmi politici, cosa li spingerà a difendere il proprio paese dai nemici della democrazia? Questi sono aspetti che sono stati ignorati per troppo tempo dall’élite europea, che ritiene che parole come “valori democratici” siano retorica cosmetica e non qualcosa di cui vivere.