Il quotidiano digitale La Gaceta de la Iberosfera pubblica oggi una notizia che pochi media riportano con l’importanza che merita. Per tutta la giornata di ieri, la polizia spagnola ha messo in atto una macro-operazione contro il terrorismo islamico in tutta la Spagna, con nove arresti nelle province di Gerona, Almería e Cádiz e a Tenerife; una delle cosiddette Isole Canarie, attualmente la rotta di traffico di immigrati clandestini più attiva in Europa, dove sbarcano quotidianamente immigrati clandestini dalla Mauritania e dal Marocco.
I detenuti – a seguito di perquisizioni a Salt (Gerona), Antas (Almeria), Algeciras e Santa Cruz de Tenerife – sarebbero coinvolti in una rete legata alla pubblicazione e alla diffusione su una serie di siti web di contenuti relativi alle attività, ai membri e ai simpatizzanti dello Stato Islamico.
È risaputo che i processi di radicalizzazione dei musulmani avvengono nella sfera delle reti profonde, sia offline che online. In altre parole, la radicalizzazione verso il terrorismo o le forme più violente di jihadismo non hanno origine solo nelle reti sociali, ma con l’appoggio esplicito di reti locali nelle comunità musulmane che proliferano nei quartieri delle grandi città o nei piccoli comuni, come Salt, Algeciras e Antas, dove la popolazione musulmana e il fallimento del modello multiculturale sono perfettamente apprezzabili.
In Spagna, il separatismo e il socialismo, insieme alla passività degli altri partiti, hanno permesso all’islamismo di crescere e diventare forte in diverse parti del territorio spagnolo. La Spagna è attualmente il paese in Europa con il maggior numero di arresti di jihadisti per due motivi: da un lato, l’efficacia dell’azione della polizia nonostante la mancanza di risorse; dall’altro, perché, ovviamente, il massiccio afflusso di immigrazione clandestina incontrollata fa sì che, tra coloro che sbarcano sulle coste spagnole, un numero non trascurabile sia membro o non rifiuti la possibilità di unirsi a un’organizzazione islamista.
A livello europeo, la politica delle frontiere incontrollate e il finanziamento di ONG che collaborano – consapevolmente o meno – con il modello di business delle mafie del traffico di esseri umani, facendo dell'”accoglienza” un business altrettanto in crescita, hanno aumentato l’insicurezza e hanno permesso al fondamentalismo islamico e alle sue derive più radicali di diffondersi, minacciando la vita, la libertà e la sicurezza di milioni di europei; E soprattutto delle stesse comunità musulmane e straniere, che sono lasciate indifese contro i radicali, in assenza di uno Stato che, nascondendosi dietro la sua neutralità, ha lasciato il controllo delle strade ai più duri tra gli immigrati.
L’arrivo di migliaia di immigrati clandestini sulle coste spagnole sta causando l’insediamento di comunità di islamisti sempre più organizzate e radicalizzate attraverso i social network, che rappresentano una minaccia brutale alla nostra sicurezza, identità e convivenza, soprattutto nelle aree più povere.
La minaccia per l’intera Europa è reale, perché una volta arrivati sul territorio europeo, vista l’inazione del governo di Pedro Sánchez, che è complice della situazione, e il sostegno all’islamismo dimostrato dai suoi partner comunisti e separatisti, gli islamisti possono muoversi in Europa con totale libertà e garanzie. È urgente che i restanti membri del Consiglio dell’Unione, quelli che non si sono arresi al multiculturalismo, chiedano a Pedro Sánchez un cambiamento radicale delle misure secondo le linee richieste in Spagna da VOX, l’unico partito che affronta davvero il problema.
Dotare le Forze di Sicurezza dello Stato e i Corpi d’Armata di maggiori risorse materiali e umane per combattere l’islamismo radicale, che è incompatibile con l’Occidente, e intensificare le misure per l’identificazione e l’espulsione di coloro che non hanno il diritto di entrare o rimanere nel territorio europeo sono misure minime indispensabili se non vogliamo continuare ad approfondire il problema della radicalizzazione islamista di ampi settori delle popolazioni musulmane in Europa.