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Il nuovo bilancio europeo

Commercio ed Economia - Novembre 30, 2024

Durante questa settimana ho potuto seguire con una certa intensità i dibattiti del Parlamento Europeo. Non solo il voto sulla nuova Commissione Von der Leyen II. Anche il voto e il dibattito sul nuovo bilancio dell’UE. Non c’è nulla di nuovo in questo campo. Il risultato delle elezioni europee dello scorso maggio non si è riflesso particolarmente sulla questione del bilancio perché il Partito Popolare Europeo ha deciso, all’ultimo minuto, di concludere accordi con il gruppo socialista e liberale, al quale (almeno se si ascoltano i discorsi) aderisce il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei. Il Partito Popolare Europeo non ha nemmeno cercato una maggioranza diversa, con ECR, Patriots for Europe o il piccolo gruppo dei sovranisti. I due settori più importanti delle politiche europee – la politica agricola comune e la politica comune in materia di asilo e immigrazione – sono ancora una volta i più colpiti. Naturalmente, né la Commissione né il Parlamento europeo hanno rinunciato all’isteria climatica del Patto Verde Europeo (ora chiamato transizione giusta e pulita), che riduce, limita e condiziona gli importi che devono ricevere gli agricoltori e gli allevatori (già soffocati dalla concorrenza sleale della produzione straniera); né hanno rinunciato al fatto che la politica di immigrazione si basa su aiuti e sussidi per la “gestione” delle frontiere. Quasi 200 miliardi di euro. Un bilancio consumato dagli interessi sul debito dei Fondi di Prossima Generazione; fondi che in molte occasioni e in molti paesi (ad esempio, la Spagna in particolare) sono diventati il fulcro della corruzione politica ed economica; e soprattutto, che non hanno raggiunto gli europei; cioè i lavoratori, i liberi professionisti e i piccoli imprenditori, ma solo le amministrazioni pubbliche e le grandi aziende. Ma tutti gli europei devono pagare più interessi su prestiti che non hanno raggiunto le loro tasche. Nessuno parla del costo per i contribuenti, tranne alcuni europarlamentari come Zijlstra. La verità è che l’accordo è stato raggiunto nelle prime ore del mattino. Una forma di negoziazione molto comune al Parlamento europeo: l’accordo per esaurimento. Il Consiglio era diviso, con diversi paesi che lo rifiutavano a causa della sua natura espansiva e dell’aumento della spesa. E anche il Parlamento europeo.

La relazione di Draghi è stata gettata nel cestino all’istante. Draghi aveva proposto 800 miliardi di euro all’anno. Non ne è stato raggiunto nemmeno un quarto. E soprattutto, visto l’aumento del cosiddetto servizio del debito, la distribuzione dei fondi è stata effettuata secondo criteri ideologici di sinistra e non in base alle reali esigenze degli europei e, soprattutto, alle competenze delle istituzioni dell’Unione. Basta vedere come, negli interventi al Parlamento europeo, i più soddisfatti del risultato finale siano stati socialisti e verdi. Il gruppo popolare lo difende, sottolineando – ad esempio – un leggero aumento delle spese per la ricerca nel settore della difesa, e anche il gruppo conservatore lo difende, anche se con uno spirito molto critico, come è giusto che sia, visto che le aziende europee non sono le principali protagoniste. I tagli all’agricoltura o al Fondo europeo agricolo di garanzia sono stati criticati sia dalla sinistra che dai patrioti. È chiaro, come ha sottolineato Isabel Benjumea, membro del Partito Popolare, che ogni bilancio è una scelta politica. Quindi dobbiamo concludere, come ho detto all’inizio di questo articolo, che non ci sono nuovi sviluppi in questo settore. Tutto rimane invariato. Le istituzioni dell’Unione non sembrano essere al servizio degli europei, ma piuttosto al servizio delle politiche che le élite burocratiche di Bruxelles ritengono debbano essere attuate, senza l’approvazione popolare e talvolta persino contro le richieste dei nostri cittadini: più sicurezza, maggiori e migliori controlli alle frontiere, difesa del settore primario e della competitività delle imprese europee, che è l’unico modo per proteggere il lavoratore europeo.