Sfrontatezza e consapevolezza. Questi sono i sentimenti che guidano Giorgia Meloni, primo ministro italiano e leader dei conservatori europei, riguardo alla complessa questione dell’immigrazione. A Palazzo Chigi, sede del Governo italiano, è stata inaugurata la cabina di regia del Piano Mattei, dopo gli importanti incontri istituzionali del mese scorso con altri leader, primi ministri e capi di Stato africani ospitati al Senato.
“Saremo i pionieri”, queste le chiare parole della Meloni che indicano la strada per un cambiamento positivo. L’obiettivo è scrivere una nuova pagina per le relazioni con l’Africa. Per farlo, è indispensabile coinvolgere l’Unione Europea e gli Stati del G7, un forum intergovernativo di cui l’Italia detiene la presidenza di turno. Meloni, insieme alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, si è recata in Egitto per stabilire un memorandum d’intesa Egitto-UE, molto simile a quello già firmato con la Tunisia. Un pacchetto di aiuti europei, tra cui prestiti e sovvenzioni, fornirà 7,4 miliardi di euro da quest’anno fino al 2027. Erano presenti anche i Primi Ministri di Grecia e Belgio, il Cancelliere austriaco e il Presidente della Repubblica di Cipro. Una “Squadra Europa” che è obbligata a produrre risultati.
Questa iniziativa non è solo utile per contenere l’immigrazione sempre più pressante a causa delle gravi crisi umanitarie in Medio Oriente, ma è anche necessaria per la sicurezza, la stabilità e le significative opportunità economiche. Nel frattempo, Meloni, oltre al memorandum con l’Egitto, ha programmato diversi incontri bilaterali incentrati sul Piano Mattei e, naturalmente, sul dossier migranti. Mentre le partenze dalle coste egiziane sono quasi nulle, l’Egitto confina con la Striscia di Gaza per dodici chilometri e la situazione al valico di Rafah è più critica che mai. Una crisi socioeconomica egiziana potrebbe portare a gravi problemi e far degenerare la situazione in un istante. Per questo è fondamentale avviare un dialogo e capire cosa bisogna fare per evitare che ciò accada.
In Africa non si tratta di semplice retorica, ma di azioni concrete. Meloni lo ha ribadito più volte: “Lavoriamo con un approccio diverso nelle relazioni e nella cooperazione che non è paternalistico, colonialista o caritatevole. L’Africa non è povera, detiene il 60% delle terre coltivabili, il 60% dei metalli, sta vivendo una rapida crescita demografica e quindi ha un enorme potenziale di capitale umano”.
Pertanto, è necessario impegnarsi con un continente già pesantemente influenzato da altre potenze straniere. Per farlo con successo occorrono indubbiamente soldi, ma soprattutto investimenti mirati nei settori più problematici e un rapporto paritario. I Paesi coinvolti in questa fase iniziale saranno nove: Egitto, Tunisia, Algeria, Mozambico, Kenya, Etiopia, Marocco, Costa d’Avorio e Congo. Verranno creati tavoli di lavoro in loco per progetti concordati in sei settori di interesse: istruzione e formazione, acqua e igiene, salute, agricoltura, energia e infrastrutture. Nelle ultime settimane sono state condotte le prime spedizioni operative per strutturare efficacemente le missioni. “A Bruxelles per condividere con le autorità europee, ad Abidjan e ad Addis Abeba”, spiega Meloni durante la riunione della sala di controllo. Oltre agli incontri politici, si sono tenute anche riunioni economiche per comprendere le possibilità di azione con tutte le principali istituzioni finanziarie internazionali. Servono molte risorse, ma anche la volontà di agire e progetti concreti. L’unico modo per costruire qualcosa di buono è lavorare insieme in modo compatto. La prossima riunione della cabina di regia si terrà ad aprile, mentre i primi risultati dovrebbero iniziare a vedersi a giugno, quando il Presidente del Consiglio italiano riferirà al Parlamento.
L’Europa ha finalmente l’opportunità di riconquistare la grandezza e di confrontarsi alla pari con chiunque. Forse, a volte, saranno necessari dei compromessi iniziali, ma poi il sogno europeo inizierà finalmente a risvegliarsi.