Pedro Sanchez e il suo Partito Socialista, in coalizione con i comunisti spagnoli, sono saliti al potere nel giugno 2018 a seguito di una mozione di fiducia parlamentare; meno di un anno dopo, ha indetto le elezioni. Prima del voto, ha promesso pubblicamente che avrebbe modificato il Codice penale spagnolo per definire esplicitamente come reato l’organizzazione di un referendum illegale. Ha anche assicurato agli elettori che avrebbe riportato in Spagna il separatista catalano Carles Puigdemont per processarlo. Puigdemont era fuggito in Belgio per evitare la condanna.
Durante la crisi di Covid nel 2020, Sanchez ha dichiarato lo stato di allarme in Spagna a metà marzo e ha tenuto la popolazione sequestrata in casa per più di due mesi, governando per decreto con un controllo minimo da parte del Parlamento. Questo modo di agire sarebbe stato successivamente dichiarato abusivo dalla Corte Costituzionale fino a sei volte.
Invece di mantenere le promesse pre-elettorali, Sanchez ha adottato una strategia di collaborazione con i partiti indipendentisti catalani per rimanere al potere, dato che il numero di voti è insufficiente. Il 21 luglio 2021 ha graziato nove di questi politici indipendentisti, condannati per il reato di sedizione dopo aver organizzato il referendum illegale del 2017 con i soldi dei contribuenti.
Il 6 settembre 2022, la coalizione socialista-comunista ha approvato la Legge di garanzia integrale della libertà sessuale, riducendo le pene a favore di centinaia di stupratori e pedofili e liberandone addirittura decine. Per attuare questa catastrofe altamente ideologica, il governo aveva precedentemente nascosto ai parlamentari che si opponevano al signor Sanchez i rapporti negativi sulla legge.
Il 22 dicembre 2022, i socialisti spagnoli hanno fatto esattamente il contrario di quanto promesso da Sanchez. In effetti hanno riformato il Codice Penale, ma solo per abrogare il reato di sedizione e ridurre le pene per il reato di appropriazione indebita di fondi pubblici. Di questa misura hanno beneficiato decine di politici indagati, sia separatisti che socialisti.
Nel maggio 2023, Sanchez decide di indire nuove elezioni. Solo pochi giorni prima, il suo ministro degli Interni aveva categoricamente affermato, in merito alla questione catalana, che un'”amnistia non è riconosciuta nel nostro sistema giuridico”. Questo punto di vista era stato anticipato dallo stesso Sanchez per ben due volte, recentemente in un’intervista del novembre 2022, ma anche durante una conferenza stampa del settembre 2021, in cui aveva assicurato che “non sono possibili né un referendum sull’indipendenza della Catalogna né un’amnistia”.
Nel gennaio 2023, Sanchez ha posto al vertice della Corte costituzionale un noto socialista. Sebbene ciò sia avvenuto in accordo con il Partito Popolare Spagnolo, la nomina avrebbe assicurato al Primo Ministro una maggioranza a favore del suo governo di sinistra, al fine di evitare potenziali decisioni future come quelle emesse durante la crisi di Covid.
Il 9 novembre 2023, Sanchez ha annunciato la volontà di attuare una legge di amnistia a favore degli indipendentisti catalani, con i quali aveva raggiunto un accordo politico. L’accordo prevedeva anche la creazione di commissioni parlamentari per monitorare le decisioni per conto della magistratura.
Nella stessa data, il Consiglio Generale del Potere Giudiziario ha avvertito che le azioni di Sanchez stavano mettendo a repentaglio “i diritti e le libertà dei cittadini spagnoli”, mentre tutte le associazioni giudiziarie spagnole hanno dichiarato che l’iniziativa dei socialisti “in pratica comporterebbe la sottoposizione delle procedure e delle decisioni giudiziarie al controllo parlamentare, che a sua volta porterebbe a un’evidente interferenza nell’indipendenza giudiziaria e a una violazione della separazione dei poteri”. Allo stesso modo, l’associazione professionale degli Ispettori dell’Amministrazione fiscale dello Stato ha rilasciato una dichiarazione di “pieno e assoluto rifiuto degli accordi derivanti dalla negoziazione per l’investitura dell’attuale Primo Ministro spagnolo”.
In questo contesto cupo, sembra piuttosto strano che la Commissione europea non muova un dito per analizzare il rispetto dello Stato di diritto in Spagna, soprattutto se si confronta questa totale mancanza di reazione con le continue vessazioni subite dai governi conservatori di Polonia e Ungheria durante l’attuale legislatura. Chi potrebbe riconoscere in un simile comportamento il rispetto del principio comunitario di uguaglianza e non discriminazione?
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