Non è una notizia dell’ultim’ora dire che l’Europa è in grave difficoltà e deve affrontare sfide profonde per quanto riguarda l’immigrazione, soprattutto quella clandestina. Sarebbe ragionevole aspettarsi che i responsabili delle politiche europee si siano ricreduti dopo che nel 2015, al culmine della crisi dei rifugiati, è stato raggiunto il numero record di attraversamenti illegali delle frontiere, con una cifra sbalorditiva di oltre 1,8 milioni di attraversamenti illegali. Non c’è dubbio che gli attraversamenti illegali delle frontiere siano diminuiti in modo sostanziale dopo il 2015, ma sono rimasti ancora insostenibilmente alti ed è facile sottovalutare le cifre se le si confronta con quelle che sono salite alle stelle nel 2015. Nel 2016, gli attraversamenti illegali delle frontiere verso l’UE sono rimasti elevati, con oltre 511 mila, e sebbene siano poi diminuiti, nel 2023 si è registrata la cifra più alta dal 2016, con 330 mila attraversamenti irregolari delle frontiere.
Purtroppo, però, i politici non hanno affrontato il problema di petto. Invece, si è consolidato un consenso mainstream, che consiste in un mix insostenibile di calci nel sedere, di non affrontare gli incentivi perversi che spingono gli immigrati a intraprendere il pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo e di non mettere al primo posto l’ordine pubblico, la sicurezza e gli europei. Ma i cittadini europei non sono ciechi di fronte ai problemi sociali, economici, culturali, di ordine pubblico e di sicurezza nazionale associati a una popolazione sempre più numerosa di migranti illegali provenienti da Paesi del Medio Oriente e dell’Africa all’interno dei confini europei. Forse questo è uno dei motivi principali per cui i due partiti conservatori, ECR e ID, probabilmente saliranno al 3rd e 4th alle elezioni europee del giugno 2024 e, secondo i sondaggi, potrebbero addirittura sommare più seggi rispetto ai tradizionali partiti mainstream, il PPE e l’S&D.
Tornando all’immigrazione, lo scorso dicembre il Parlamento europeo e il Consiglio hanno compiuto progressi sul “Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo”, un pacchetto di politiche presentato dalla Commissione europea nel 2020 per riformare il Sistema europeo comune di asilo, ma che da allora si era arenato. Il pacchetto contiene alcune politiche soddisfacenti, come il regolamento sullo screening, che mira a stabilire norme armonizzate sull’autenticazione dei cittadini di Paesi terzi al loro arrivo, al fine di migliorare la sicurezza nell’area Schengen; il regolamento Eurodac, che mira a sviluppare una banca dati condivisa per raccogliere dati più precisi e completi al fine di identificare i movimenti non autorizzati; il regolamento sulle procedure di asilo, che mira a rendere più rapide ed efficaci le procedure di asilo, di rimpatrio e di gestione delle frontiere, e il regolamento sulle crisi e le cause di forza maggiore, che mira a garantire che l’UE sia pronta a gestire gli scenari di crisi in futuro.
Queste misure sono tutte in linea con i principi conservatori, in quanto contribuiranno a fornire maggiore sostegno agli Stati membri per proteggere le frontiere esterne dell’UE, ad aumentare il tasso di rimpatrio dei richiedenti asilo falliti nel loro Paese d’origine, a combattere gli abusi del sistema di asilo dell’UE, ecc. Tuttavia, una delle politiche di punta di questo Nuovo Patto è molto preoccupante per gli europei. Ci riferiamo ovviamente al Regolamento sulla gestione della migrazione per asilo, che cerca di stabilire una nuova regola di solidarietà tra gli Stati membri per riorganizzare l’arrivo dei richiedenti asilo, sostenendo che al momento sono solo pochi Paesi ad accogliere la grande maggioranza dei richiedenti asilo. Questa politica mira a fornire un’ancora di salvezza a Paesi “in prima linea” come la Spagna e la Grecia, che gestiscono in modo gravemente scorretto la loro sezione della frontiera esterna dell’UE, richiedendo agli Stati membri di offrire un sostegno attraverso il trasferimento dei richiedenti asilo o, in caso contrario, di fornire un sostegno finanziario per coprire i richiedenti asilo.
In definitiva, ciò crea un incentivo perverso per gli aspiranti richiedenti asilo e rappresenta un’imposizione inaccettabile nei confronti degli Stati membri che non vogliono diluire le loro comunità nazionali con migranti economici provenienti dal Medio Oriente, riluttanti a integrarsi nella società occidentale e ad adottarne i valori. A questo proposito, il primo ministro ungherese Viktor Orbán è il punto di riferimento. Egli difende che “l’unico modo per fermare l’immigrazione è che chiunque voglia entrare nell’UE ne resti fuori fino a quando non viene presa una decisione in merito alla sua richiesta di asilo”. Secondo Orbán, “nessun’altra soluzione potrà raggiungere il risultato desiderato”. Ha inoltre affermato che “sono convinto che la regola ungherese sia il modello. Non va contrastata, non va denunciata. È l’unico regolamento che funziona in Europa”. Come sostengono Orbán e l’ECR, è imperativo che il sistema migratorio europeo rispetti la voce e i desideri delle comunità nazionali e che si basi sulla cooperazione, non sulla costrizione. Inoltre, il sistema migratorio deve basarsi su due importanti pilastri: frontiere forti per prevenire gli attraversamenti illegali ed esternalizzazione, che consiste nel lavorare con i Paesi terzi per raggiungere accordi di cooperazione che impediscano e dissuadano i migranti dall’intraprendere il viaggio a rischio di vita attraverso il Mediterraneo quando il Paese da cui stanno attraversando è oggettivamente sicuro.