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La ricetta di Donald per la Casa Bianca

Politica - Novembre 30, 2024

La vittoria di Donald Trump è stata schiacciante. Gli analisti si sono affrettati a cercare di definire i flussi di voto (cosa che ci poniamo di fare anche noi), ma alla base di ogni discorso c’è da chiarire un punto: la svolta verso destra degli Stati Uniti è di molto superiore a quella che diede la vittoria a The Donald nel 2016, quando vinse su Hillary Clinton, che comunque prevalse sul fronte del voto popolare. Una vittoria di bandiera che invece in questa tornata elettorale del 2024 non può essere assegnata a Kamala Harris.
I DATI E IL POPOLO DI TRUMP
Chi compone il popolo di Trump? Rispondere a questa domanda non è facile, soprattutto perché le distinzioni negli Stati Uniti sono molto diverse rispetto a quelle con cui siamo abituati ad avere a che fare nel vecchio continente. Quello che si può fare è delineare, attraverso i dati elettorali, qualche contorno di questa massa di persone che si sono identificate ancora una volta con il tycoon. La crescita maggiore per Donald Trump si registra nel voto dei maschi ispanici e asiatici, una riprova di come l’immigrazione, quando è legale e rientra nell’ordine costituito dello Stato, non ha paura ma anzi, appoggia delle politiche più rigide nei confronti degli irregolari. Quattro anni fa, quando Trump perse contro Biden, solo il 36% degli elettori ispanici aveva votato per il tycoon, mentre oggi questo dato è cresciuto notevolmente arrivando a toccare il 54% (dati Nbc News). Un dato che segue questo trend di aumento è anche quello delle donne di origini ispaniche che lo hanno votato: nel 2020 erano state il 30%, mentre oggi c’è stata una crescita di ben 7 punti percentuali, portando il dato al 37%. In crescita, anche se con una percentuale molto minore, è anche il dato degli afroamericani, che dal 19% del 2020 sono saliti al 20%. Una crescita ridotta sulla quale, secondo i maggiori analisti, ha probabilmente pesato molto di più la figura di Harris. C’è poi da analizzare l’orientamento di voto degli elettori in relazione alla loro età. Harris, infatti, aveva puntato moltissimo in questa elezione sugli elettori più giovani, soprattutto considerando il dato dell’ultima tornata elettorale, quella del 2020, quando Biden poté contare sul 60% dei voti degli americani tra i 18 e i 29 anni (Trump ne ottenne solo il 36%). Un dato sul quale la campagna democratica ha forse fatto troppo affidamento e che nel 2024 ha visto un’importante flessione. Quest’anno, infatti, solo il 55% di questa fascia di età ha votato per Harris, mentre il neo presidente ha potuto far crescere la sua percentuale fino al 42%. Un dato che va incrociato con quello relativo ai giovani che per la prima volta sono andati a votare quest’anno. Tra di loro, infatti, Trump ha ottenuto il 54% dei voti, contro il solo 45% raggiunto dalla Harris. Un dato importante, soprattutto se pensiamo che nel 2020 Biden aveva raggiunto il 64% dei voti tra chi si era recato alle urne per la prima volta, contro il solo 32% di Trump. Più alte invece le prestazioni della Harris tra i votanti in età più avanzata (dai 65 anni in su). Sulle fasce con un basso titolo di studio, Trump ha aumentato il divario con i democratici arrivando al 62% (era il 54% nel 2020), mentre tra gli elettori con un’istruzione universitaria è la Harris a dominare con il 61% delle preferenze. C’è poi da rivedere il mito della base elettorale di Trump costituita integralmente da maschi bianchi. Infatti, seppur in questa fascia è prevalente rispetto alla Harris, il tycoon ha visto comunque una leggera flessione rispetto alle scorse elezioni.

Nel 2020 Trump aveva raggiunto in questa fascia di popolazione il 61% dei voti (mentre Biden il 38), oggi invece si attesta al 59% contro il 39% di Harris, in minima salita. Sul fronte femminile Trump è in leggero calo, tra le donne bianche perde tre punti (arriva al 52%) mentre tra le donne nere perde due punti, dal 9 al 7%. In estrema sintesi questi dati raccontano un elettorato che non ha seguito gli schemi immaginati – soprattutto dalla stampa democratica – nei mesi precedenti le elezioni. In particolare, le donne non hanno sostenuto incondizionatamente la Harris, mentre la crescita del candidato repubblicano tra i giovani ha comunque messo in ombra la forza dei dem sulle donne under 30. Anche lo spostamento del voto degli ispanici (che nel 2020 avevano sostenuto Biden) ha costituito un elemento centrale nella vittoria del tycoon sulla candidata democratica. Un posizionamento che forse gli spin doctors della Harris hanno sottovalutato.
LE GRANDI CITTÀ ALLA HARRIS
Un modo immediato per comprendere quale sia stata la strada intrapresa dal neo presidente in questa campagna elettorale è quello di analizzare l’andamento dei democratici nelle grandi aree urbane degli USA. Nella città di Washington la Harris sarebbe stata eletta con il 94% dei voti. Allo stesso modo, a New York la candidata democratica supera Trump per 4 voti a 1. A San Francisco la Harris supera di 5 volte Trump, mentre a Los Angeles prende il doppio dei voti. Una situazione, questa, che si ripete in tutti i grandi conglomerati urbani, con una elite che si configura sempre di più come il bacino elettorale dei democratici, lasciando invece Trump ed i repubblicani liberi di ampliare i loro consensi sul resto del Paese, ottenendo quindi i risultati elettorali ai quali abbiamo assistito con queste elezioni. Una situazione, questa, che forse è stata intuita in prima battuta da alcuni personaggi particolarmente interessanti nello scenario statunitense. Figure come Jeff Bezos, patron di Amazon e proprietario del Washington Post, ed Elon Musk hanno superato i canoni imposti da certe elite, schierandosi apertamente con il tycoon in queste elezioni. Basti pensare a quanto fatto da Musk che, pancia a terra, ha lavorato in Pennsylvania per recuperare voti per il candidato repubblicano in uno Stato chiave, e domani potrebbe, a qualche titolo, persino entrare nello staff del Presidente.
LA RICETTA DI THE DONALD
Quale è stata, quindi, la ricetta che ha seguito Trump per tornare alla Casa Bianca? Dopo uno stop di quattro anni, i problemi legali nei quali è stato coinvolto e la contrarietà alla sua ricandidatura di una parte del Grand Old Party, è riuscito non solo a rimontare in sella, ma anche ad imboccare la strada giusta verso la Casa Bianca. Biden si è rivolto agli elettori di Trump parlando di “spazzatura”, ma gli elementi che il tycoon ha posto sul tavolo nel rapporto con il suo popolo sono diversi e hanno certamente fatto breccia. Non si tratta di semplici valori conservatori. L’ideologia espressa da Trump parte dall’esaltazione dei corpi intermedi della società e del contributo che i lavoratori, in tutti gli strati sociali e in tutti i campi, possono portare alla collettività americana. Si tratta di un conservatorismo che ha radici profonde, che richiama la stagione di Ronald Reagan e che si poggia sugli ideali morali e religiosi della nazione. Non è il dibattito sterile e autoreferenziale all’interno delle elite cittadine ad interessare Trump e il suo popolo. Sono temi come il lavoro, i mutui, le tasse, le difficoltà economiche e l’inflazione, ad essere al centro dei loro pensieri.

Non si guarda ai temi etici e al politicamente corretto – elemento sul quale Trump non ha comunque mai fatto troppo affidamento – ma alle differenze dell’economia americana tra i quattro anni di Trump e il mandato di Biden. È su questo che i cittadini americani hanno fondato la svolta verso destra impressa con l’elezione del neo presidente.
Ora il tema dei prossimi mesi (fino all’insediamento e poi oltre) riguarderà la gestione dello staff e dei Dipartimenti. Trump ha puntato molto su questo e sulla promessa di rendere più efficiente e performante la macchina dello Stato. Punti su cui con molta probabilità gli elettori repubblicani misureranno il rendimento di questa nuova amministrazione.