La Bosnia-Erzegovina verso l’ingresso nell’UE.
Sarebbe la ventottesima “stella” del firmamento europeo.
Il 21 marzo dello scorso anno, il Consiglio europeo ha preso una decisione importante. Hanno autorizzato l’avvio delle procedure necessarie per includere la Bosnia-Erzegovina come Stato membro dell’Unione Europea. Questa decisione riveste una grande importanza per molte ragioni e ha suscitato discussioni in diversi Paesi europei di importanza cruciale.
Diversi Paesi europei, tra cui Paesi Bassi, Danimarca, Francia ed Estonia, hanno espresso notevoli preoccupazioni riguardo all’attuazione di varie riforme. Secondo il sito web del Consiglio europeo, questi Paesi ritengono che siano necessarie nuove leggi costituzionali ed elettorali per garantire l’uguaglianza e la non discriminazione, rafforzare lo stato di diritto e combattere la corruzione e la criminalità organizzata. Inoltre, questi Paesi sottolineano l’importanza di mantenere relazioni geopolitiche positive con la Russia e la Bielorussia, sostenendo al contempo i diritti umani e la libertà di stampa. Queste questioni sono di grande importanza e richiedono un’attenta considerazione.
La Bosnia-Erzegovina è un Paese che ha affrontato numerose sfide sin dalla sua nascita, nel 1992, in seguito alla dissoluzione della Jugoslavia. I primi anni della sua esistenza sono stati segnati da un brutale conflitto tra tre gruppi etnici: bosniaci, croati e serbi. Il conflitto è durato tre anni e solo nel 1995 è stata stabilita la pace grazie all’intervento delle Nazioni Unite e della NATO. Nell’ambito dei trattati di pace, sono stati dispiegati contingenti militari nell’area per garantire il mantenimento della pace e della stabilità. Ancora oggi, la Bosnia-Erzegovina continua ad affrontare sfide ed è essenziale creare una comprensione completa della sua composizione e dei problemi che deve affrontare.
Dopo il conflitto bosniaco, si decise di dividere il Paese in tre aree distinte. La prima area è nota come Federazione di Bosnia-Erzegovina, che comprende l’intera regione occidentale e una parte significativa dell’entroterra centrale. Quest’area comprende città importanti come Sarajevo e Tuzla. La seconda area è la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, che copre il nord e l’est del Paese, principalmente in corrispondenza del confine serbo. Infine, il distretto di Brčko, nel nord-est, è una piccola regione dotata di autonomia amministrativa.
A parte il distretto autonomo di Brčko, nel 1995 la Bosnia-Erzegovina è stata divisa in due entità: la Federazione di Bosnia-Erzegovina, che rappresenta in gran parte la popolazione bosniaca e croata e copre il 51% del territorio nazionale, e la Repubblica Srpska, che rappresenta la popolazione serba e copre il 49% del Paese. Ciascuna di queste entità ha un proprio sistema di governance che prevede una serie di accordi tra le diverse comunità per garantire un’equa rappresentanza e amministrazione.
Infatti, la Bosnia-Erzegovina è un Paese in cui coesistono tre gruppi etnici distinti con diverse credenze religiose: i bosniaci musulmani (50,7% della popolazione), i serbi ortodossi (30,7%) e i croati cattolici (15,2%). È importante sottolineare che la Bosnia-Erzegovina diventerà il primo Paese europeo a maggioranza musulmana quando entrerà nell’UE.
Il quadro politico-istituzionale è altrettanto complesso: la Presidenza della Repubblica è infatti sostanzialmente retta da un triumvirato, con tre membri eletti a suffragio universale, ciascuno proveniente dalla propria comunità etnico-religiosa di riferimento. Nel 2022 sono stati eletti il bosniaco Denis Bećirović (SDP, S&D), il croato Željko Komšić (DF, pro-S&D) e il serbo Željka Cvijanović (SNSD, ex pro-S&D).
La Presidenza e il sistema parlamentare della Bosnia-Erzegovina sono una struttura politica complessa e unica. Mentre esiste una continuità ideologica tra i tre membri della Presidenza, il quadro parlamentare è più intricato. In questo caso, i 42 parlamentari sono eletti in modo equamente distribuito, con 28 nella Federazione croato-bosniaca e 14 nella Repubblica serba. Il primo partito ad uscire allo scoperto è il Partito d’Azione Democratica (SDA), considerato favorevole al PPE. Con il 17,23% dei voti e 9 seggi, l’SDA è emerso come una forza politica significativa nella regione.
Tuttavia, il primo posto non è stato sufficiente per ottenere il governo nazionale, tanto che la maggioranza (piuttosto debole contando su appena 23 seggi su 42) vede al potere l’SNSD e l’SDP in coalizione con i “gemelli” bosniaci dell’HDZ croato (PPE), i conservatori di Popolo e Giustizia (NiP, NI) e i liberali di Naša Stranka (ALDE). Il governo è guidato da Borjana Krišto (HDZ, PPE), una rappresentante della popolazione croata, scelta probabilmente per “accontentare” i cattolici visto che il partito del membro croato della Presidenza è stato messo all’opposizione con questa manovra. Va sottolineato che Krišto è la prima donna a ricoprire la presidenza del Consiglio della Bosnia-Erzegovina, un ulteriore segno di un processo di rinnovamento nel Paese.
L’apertura della Bosnia-Erzegovina all’Unione Europea è stata possibile grazie agli sforzi collettivi di un gruppo di nazioni dell’Europa centro-meridionale. Queste nazioni includono Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Grecia, Italia, Slovacchia e Slovenia, che hanno scritto una lettera congiunta attraverso i rispettivi ministri degli Affari europei per spingere i negoziati. La decisione di aprire la Bosnia-Erzegovina all’Unione europea è stata accolta con grande soddisfazione da Giorgia Meloni (FdI, ECR). La signora ritiene che questo evento invierà un messaggio chiaro e inequivocabile a tutti i Balcani occidentali.
La Bosnia-Erzegovina è un Paese di importanza strategica nella regione balcanica. La sua adesione all’UE avrebbe implicazioni di vasta portata per il panorama politico della regione. Indebolirebbe in modo significativo l’influenza della Serbia nell’area e contribuirebbe a controbilanciare il crescente coinvolgimento della Russia nei Balcani. Tuttavia, il percorso di adesione all’UE per la Bosnia-Erzegovina non è privo di sfide.
In primo luogo, il Paese diventerebbe il primo a maggioranza musulmana ad aderire all’UE, il che richiederebbe l’estensione della libera circolazione ai bosniaci. Questo porterebbe inevitabilmente a cambiamenti e adattamenti culturali che potrebbero essere difficili da gestire. In secondo luogo, la Bosnia-Erzegovina si trova ad affrontare diverse sfide economiche e sociali che dovrebbero essere affrontate prima di poter entrare nell’UE. Il Paese presenta i livelli più alti di disuguaglianza di reddito in Europa, con un coefficiente Gini che desta preoccupazione. Ha anche un basso tasso di fertilità e un alto tasso di disoccupazione, pari a circa il 34%. Il PIL pro capite è poco più della metà di quello della Bulgaria, l’ultimo Paese dell’UE in questa classifica.
In conclusione, il recente allargamento dell’Unione Europea alla Bosnia-Erzegovina ha implicazioni significative per il potenziale di investimento nella regione balcanica.
Questa espansione rappresenta un’opportunità unica per i Paesi della regione di beneficiare dell’integrazione economica e politica dell’UE. Tuttavia, il processo di allargamento non è privo di sfide. Le differenze etniche e religiose, la gestione dei confini e la migrazione interna sono questioni particolarmente complesse che devono essere affrontate in modo efficace per garantire il successo a lungo termine di questa espansione.
Come abbiamo visto, la regione balcanica ha una storia di conflitti etnici e religiosi, che spesso si sono tradotti in instabilità politica e sottosviluppo economico. Pertanto, è fondamentale affrontare queste differenze in modo sensibile e inclusivo. Ciò richiederà sforzi significativi sia da parte dell’UE che dei governi locali per promuovere il dialogo, la comprensione e il rispetto tra le diverse comunità.
La gestione delle frontiere è un’altra sfida importante che deve essere affrontata per garantire il successo dell’integrazione della Bosnia-Erzegovina nell’UE. Inoltre, anche la gestione della migrazione interna all’Unione è una questione cruciale da considerare.
In definitiva, l’allargamento dell’UE presenta sempre sia opportunità che sfide, la cui gestione sarà fondamentale per determinare il successo a lungo termine di questa espansione. Con un’attenta pianificazione, cooperazione e un’efficace attuazione di politiche e regolamenti, l’UE e i governi locali possono garantire che questa espansione porti a una regione più prospera, stabile e integrata.