
Ci si gioca tutto in questa settimana e all’Eliseo la partita non è mai stata più chiara di così. La crisi del Governo francese, che occupa le pagine degli esteri anche nel nostro Paese, ha radici che affondano nella decisione di Macron del 9 giugno scorso, dopo le Elezioni Europee, di rimettere il suo mandato in mano agli elettori. Una decisione che, seppur parzialmente, ha premiato il Rassemblement National di Le Pen con un risultato che ha visto un’interessante crescita della destra francese alle ultime elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale, tenutesi il 30 giugno e il 7 luglio. Ora sul leader si aggiunge il peso di Jean-Luc Mélenchon, oltre che di Le Pen, sempre su opposte posizioni ma con l’obiettivo comune di obbligare il Capo dello Stato a dimettersi per anticipare le elezioni presidenziali a ben prima del 2027.
LO SCONTRO SUL WELFARE
È, quindi, in questi giorni che si consumerà lo scontro e si capirà se il Governo in carica da neppure tre mesi riuscirà a portare a termine (la data di scadenza è il 31 dicembre) la manovra sul welfare, senza incappare nella “tempesta” evocata nei giorni scorsi dal premier Barnier. Uno degli elementi di questa tempesta, che forse ad oggi è ancora solo un forte maltempo, è sicuramente il peso dei mercati e dello spread che ha già fatto registrare un livello molto alto. C’è poi la mozione di sfiducia presentata dal Nuovo Fronte Popolare della gauche, mentre Le Pen ha già comunicato che non si limiterà a votare il documento già presentato, ma il Rassemblement National ne produrrà uno proprio da presentare all’Aula. Il tentativo è quello di non permettere al Governo di varare le misure in scadenza, definite dai lepenisti “ingiuste per i francesi”. Tra gli elementi maggiormente criticati da Le Pen ci sarebbero i tagli pensati sulla classe media e il taglio, giudicato troppo irrisorio, ai medicinali gratuiti per clandestini e sans papier (una misura che costerebbe 1,6 miliardi di euro l’anno e dalla quale Macron avrebbe tagliato soltanto 200 milioni). Ci sono ancora delle possibilità tecniche per “salvare il salvabile” e mettere in cassaforte la manovra. In particolare, Barnier potrebbe ricorrere all’articolo 49 della Costituzione che permette di far passare la legge senza discussione, emendando allo stesso tempo il testo per renderlo più digeribile agli alleati di Governo e superare lo stallo.
IL FATTORE ECONOMICO
Il tempo per arrivare ad una quadra è pochissimo e a dettarlo sono soprattutto i risultati dei titoli di Stato francesi – al momento equiparati a quelli della Grecia – oltre al valore dello Spread, che si attesta sui valori della crisi del 2012. Naturalmente, anche i mercati finanziari non tarderanno a far sentire il loro peso sulla crisi, dato che l’instabilità potrebbe velocemente far migrare i capitali internazionali su altri lidi. Infine, il fronte economico interno, con la manovra finanziaria da votare entro il 31 dicembre prossimo. In assenza di una nuova legge, l’unica soluzione percorribile sarebbe quella di una proroga del testo del 2024, in attesa di arrivare all’estate e alla possibilità di rimettersi al volere delle urne.
LA POSSIBILE CRISI
Così l’esecutivo nominato il 5 settembre scorso potrebbe diventare quello più breve nella storia della Quinta Repubblica, e soprattutto il primo ad essere formalmente sfiduciato dal 1962. In quella data, infatti, il premier Georges Pompidou venne dapprima sfiduciato e poi rimesso in carreggiata dal Generale De Gaulle. Al momento gli analisti francesi parlano di 320 deputati contrari, quando per la sfiducia ne basterebbero 289. Ma ad ogni modo quale potrebbe essere, sul medio periodo, il futuro della maggioranza raffazzonata la scorsa estate? Il rischio di un rimpasto in chiave di appoggio matematico è dietro l’angolo e proseguire nella legislatura con la spada di Damocle della crisi e della sfiducia non è facile. Soprattutto con lo scenario internazionale di questo momento e un ruolo di primo piano da cercare di mantenere. Sembrerebbe che oltre la metà dei francesi speri per la caduta, tra questi sicuramente gli 11 milioni di elettori del Rassemblement National di Le Pen. Una sfiducia dopo l’altra potrebbe portare alla paralisi del Governo francese. Altro elemento da tenere in considerazione in questo caso però sarebbe il peso del dettame costituzionale, che impedirebbe una nuova tornata elettorale prima dell’estate, con Macron costretto a sciogliere l’Assemblée solamente a partire dal mese di giugno.