Una delle questioni che diventeranno cruciali nello sviluppo delle economie dei paesi membri dell’Unione Europea nei prossimi decenni è sicuramente l’approvvigionamento delle terre rare. Le REE, acronimo di Rare Earth Metals, riguardano un gruppo di 17 elementi appartenenti alla famiglia chimica dei metalli, tutti scoperti tra il 1839 e il 1900 (l’ultimo, il Promezio, venne creato artificialmente nel 1947). Senza elencarli tutti basta sapere che il termine “raro” non riguarda la loro scarsità sul pianeta, ma bensì la difficoltà nell’identificarli e le complessità legate al processo di estrazione e lavorazione. Queste terre sono inoltre essenziali per buona parte delle sfide che ci aspettano nel prossimo futuro, dato che sono elementi essenziali per l’economia legata all’energia rinnovabile, alle batterie ricaricabili, all’industria militare e aerospaziale, fino alla realizzazione delle componenti elettroniche contenute nei dispositivi che utilizziamo ogni giorno.
LE TERRE RARE NEL MONDO
I campi così delicati in cui sono impiegati questi elementi rende chiaro come il possesso dei giacimenti divenga un asset essenziale per lo sviluppo industriale di una nazione. I dati del 2021, rilasciati dall’Istituto Geologico degli Stati Uniti (https://pubs.usgs.gov/periodicals/mcs2022/mcs2022-rare-earths.pdf), rendono chiaro l’impatto che la Cina avrà in termini di estrazione, lavorazione ed esportazione di queste importanti materie prime. Infatti, sui 125 milioni di tonnellate stimate, la Cina possiede circa il 35,2% (ben 44 milioni di tonnellate). A seguire ci sono il Vietnam (17,6%), la Russia e il Brasile (16,8%), e infine l’India con il 5,6%. Anche sotto il profilo della produzione di elementi di terre rare la Cina si attesta a principale produttore mondiale con il 60,6%, rispetto al 15,5% degli Stati Uniti.
LA SITUAZIONE EUROPEA
È naturale che uno squilibrio così preponderante verso la Cina abbia costretto anche l’Unione Europea ad affidarsi all’Oriente per l’approvvigionamento di questi minerali. Un problema non di poco conto, soprattutto se si guarda alla situazione geopolitica internazionale e alle instabilità che rendono sempre più difficili i rapporti con l’Est. Il 12 gennaio del 2023 la LKAB, una delle più importanti società minerarie svedesi, ha annunciato di aver individuato quello che potrebbe essere il giacimento di terre rare più grande mai trovato in Europa. Il sito è stato denominato “Per Geijer” (dal nome di un importante geologo svedese) ed è situato nei pressi di Kiruma, una piccola città lappone oltre il circolo polare artico. Gli studi effettuati (e resi noti fino ad ora) mostrerebbero la presenza di oltre 400 milioni di tonnellate di risorse e oltre un milione di tonnellate di metalli di terre rare. Se da un lato questa scoperta rappresenta una buona notizia, dall’altro ci deve far essere cauti, visto che prima che ciò possa realmente comportare una diminuzione della dipendenza dell’Europa dalla Cina sull’importazione di REE potrebbero passare anche quindici anni.
ASSICURARE UN FUTURO ALL’INDUSTRIA EUROPEA
Il problema è che l’industria Europea ha bisogno di questi materiali ora: con la transizione ecologica e digitale in corso, la vulnerabilità dei paesi membri deve essere superata. Quella che va ricercata è un’industria europea che sia tecnologicamente avanzata e autonoma. Purtroppo, è innegabile che l’Europa sia rimasta indietro, sia per effetto della pandemia globale e sia, subito dopo, per le criticità legate al conflitto in Ucraina. L’assenza di canali alternativi di approvvigionamento di materie prime rare (così come era stato delineato anche nel 2020 all’interno del “Action Plan on Critical Raw Materials” della Commissione europea) ha reso ancora più evidente la necessità di raggiungere una maggiore indipendenza e sovranità tecnologica all’interno dei confini dell’Unione Europea.
In questo senso, il Piano Mattei dell’Italia può essere un punto di forza, assieme al Global Gateway, per la realizzazione di partenariati strategici con i Paesi terzi in merito all’approvvigionamento di terre rare. Il tutto assieme all’incremento delle capacità estrattive degli Stati membri e della collaborazione nei settori industriali più delicati.
AL PASSO CON LE SFIDE
È chiaro che guardando alle sfide future il panorama è tutt’altro che roseo. Basti pensare che l’Unione Europea è intenzionata al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2025 con la produzione di energia da fonti rinnovabili anche attraverso gli obiettivi del pacchetto “RePowerEU”. Si tratta di iniziative che vedranno una crescente necessità di terre rare e la domanda alla quale dobbiamo essere pronti a rispondere oggi è semplice: avremo risorse sufficienti per sostenere la transizione energetica e digitale?