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Mancano ormai una manciata di giorni al passaggio di consegne alla Casa Bianca tra Joe Biden e Donald Trump. Un momento che, forse più di altre occasioni della stessa natura, è atteso con sentimenti forti e contrastanti. Le diverse parti politiche, non solo statunitensi, vedono questo passaggio in maniera diametralmente opposta, senza dimenticare le attese, le preoccupazioni e le speranze che questo cambio alla Presidenza USA innesca tra gli attori dei vari scenari di crisi a livello internazionale.
Il conto alla rovescia è partito non appena si sono chiuse le urne, ed era stato chiaro fin da subito che The Donald aveva stravinto, superato dalla candidata democratica solo tra le élite delle grandi metropoli. Nemmeno il fuoco di fila – quasi tutto sui social – del mondo della cultura e dello spettacolo ha fatto cedere le percentuali del tycoon. Così, forte di questo riconoscimento del suo popolo (i MAGA, ma a questo punto non solo), Trump ha iniziato a delineare dapprima la sua squadra, molto discussa in certi ambienti, per poi procedere ad elencare i vari obiettivi, più o meno raggiungibili o condivisibili, che vuole portare avanti in questo suo secondo mandato
Naturalmente le esternazioni in merito alle cosiddette “mire espansionistiche” vanno lette con la dovuta attenzione, soprattutto perché partono da considerazioni di carattere economico e geopolitico più che di volontà di scatenare una serie di guerre di espansione. Chiaramente, è ben difficile che si vedranno i marines americani superare il confine con il Canada o con il Messico, è poco probabile (nonostante il precedente di Bush) che si possa occupare militarmente l’infrastruttura del Canale di Panama, così come risulta praticamente impossibile che le stelle e strisce sventolino sulla Groenlandia. Più probabile è che queste esternazioni aprano una stagione di rapporti più decisi e, per certi versi, più conflittuali. Presumibilmente, la stretta sull’immigrazione illegale, già fortemente annunciata, avrà ripercussioni sugli accordi e nei rapporti con il Messico.
Allo stesso tempo il commercio con il Canada e i rapporti transfrontalieri potrebbero diventare più improntati al motto “America first”, mentre sulla Groenlandia potrebbe aprirsi una battaglia tutta economica per accaparrarsi i diritti di estrazione (soprattutto a fronte di un territorio che man mano si rende più disponibile a causa del cambiamento climatico), oltre che magari un punto di appoggio più sicuro su una rotta che guarda all’Artico e che è divenuta sempre più terreno di scontro tra le grandi potenze.
C’è poi da pensare a come il tycoon immagina l’Europa e le istituzioni europee. Probabilmente la percezione è quella di un’organizzazione fragile, soprattutto di fronte alle grandi sfide internazionali e alle super potenze, in uno scontro – in alcuni casi non solo economico e ideologico – sempre più complesso. Il ruolo che l’Unione Europea deve puntare a giocare in questa partita e in questa congiuntura internazionale è, invece, tutt’altro che di fragilità. Lo stesso conflitto in Ucraina richiede una posizione di forza degli Stati membri e dell’istituzione in generale. L’Europa deve affiancarsi agli Stati Uniti, non esserne subordinata alla ricerca del raggiungimento di una percentuale impossibile di investimento nella difesa, solo per mantenere un ruolo fattivo all’interno dell’Alleanza Atlantica.
Il commercio internazionale e il ruolo di hub del dialogo con il continente africano non possono essere lasciati agli interessi delle superpotenze orientali. Così come la posizione da assumere nell’ambito della crisi climatica non deve risultare di sudditanza all’una o all’altra ideologia, bensì deve mantenere una posizione oggettiva, che tenga conto delle aspettative dei popoli e delle economie degli Stati membri. Sono queste le principali sfide che l’Europa deve porsi nei confronti della nuova amministrazione statunitense. Richiamando quanto espresso, ad esempio, dal Rapporto di Mario Draghi, non ci si può smarcare dalla sfida di diventare una vera potenza europea, anche perché l’alternativa sarebbe l’impotenza in uno scenario sempre più complesso.