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Per un’economia europea più blu

Ambiente - Luglio 25, 2024

L’estate è sicuramente il periodo di maggiore intensità per il turismo nei paesi dell’Unione Europea. Oltre alle grandi capitali, alle montagne e ai siti di interesse culturale, come ogni anno sono le mete balneari quelle che vedranno un maggior numero di presenze, in special modo sulle coste Sud dell’Europa che si affacciano sul Mediterraneo. Naturalmente per il mare europeo il fenomeno turistico rappresenta un elemento di vitale importanza, soprattutto per paesi come l’Italia che conta circa 7.500 chilometri di coste, su un totale che in Europa si attesta a circa 89mila chilometri. Politiche attente al turismo e al suo sviluppo (analizzando e sostenendo tutti gli aspetti del comparto) sono quindi essenziali da introdurre a livello europeo e da recepire su quello nazionale. Restano però altri fattori che non possono essere tralasciati. In primis lo sviluppo di quella che comunemente viene chiama “economia del mare”. Si tratta della tutela di tutte quelle imprese che hanno fatto del mare il loro business, a partire dalla balneazione, per passare alla nautica, alla cantieristica e al commercio. L’attenzione ad ognuno di questi settori deve essere altissima ed espressa attraverso politiche comuni certe e che siano anche indirizzate alla sostenibilità nel tempo di quella grande risorsa che è appunto il mare per i paesi membri dell’Unione Europea. Servono quindi delle innovative e urgentissime strategie di sviluppo che abbraccino l’economia marittima in ogni suo aspetto.
IL TURISMO
Una delle maggiori risorse, soprattutto per i paesi che hanno un affaccio sul Mediterraneo, è sicuramente il turismo balneare. Per rendere il settore turistico più forte, stabile, sicuro e sostenibile nel tempo, stagione dopo stagione, è importante la difesa e il sostegno alle imprese che si occupano di queste attività. In particolare in Italia, dove queste iniziative rappresentano un’assoluta eccellenza nel settore, serve una corretta ed equa applicazione della direttiva Bolkestein, così da assicurare il giusto connubio tra interesse pubblico e iniziativa imprenditoriale privata. Solo attraverso questa collaborazione si può aspirare ad uno sviluppo serio e costante del settore. Naturalmente anche lo sviluppo turistico deve avere una prospettiva europea. La sua valorizzazione deve necessariamente passare per una nuova e più fattiva cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione Europea. In quest’ottica sarà possibile massimizzare il potenziale e l’attrattiva europea costruendo, e alimentando con politiche adatte, una rete delle eccellenze di questo comparto.
I PORTI E IL COMPARTO NAUTICO
La cura e lo sviluppo del turismo non può prescindere anche dall’interesse dell’Unione Europea per le politiche della nautica e dei porti. Su questo tema sono diverse le azioni da intraprendere che, in ogni caso, non possono tralasciare le politiche dedicate e volte all’integrazione a livello europeo. I porti, in particolare, hanno bisogno di un interesse che non si riduca ad interventi spot, ma che si delinei sul lungo periodo: solo così si potrà parlare realmente di politiche di rilancio. Il sostegno alle attività dei porti turistici è un elemento di forza che può pervadere l’intero territorio e non rimanere legato alla stretta pertinenza del porto. C’è poi da considerare il valore (intrinseco e molto spesso inespresso) che possono rappresentare gli scali commerciali al momento in disuso.

Le modifiche subite negli ultimi decenni dal commercio mondiale, la stazza delle imbarcazioni e non ultime le politiche fiscali e commerciali (di cui parleremo più avanti), hanno infatti portato alcuni hub, in passato molto trafficati, ad essere sottoutilizzati quando non proprio deserti. La perdita del valore commerciale di questi siti non può rappresentare la fine dell’economia per quei territori, ma deve essere fattore per una diversa e più sostenibile ripresa. Per questo devono essere studiate e attuate delle politiche di riqualificazione di questi luoghi, magari con una trasformazione in porti turistici, sempre nell’ottica di rete.
È quindi lo sviluppo del turismo nautico l’altro elemento su cui puntare. Per rendere più facile la navigazione e lo sfruttamento dei vari hub serve però agire anche dal punto di vista amministrativo, attraverso la revisione, l’uniformazione e l’armonizzazione di tutti i titoli nautici all’interno dei confini dell’Unione Europea. In questo modo l’integrazione in questo settore risulterà completata, oltre a divenire un acceleratore dello sviluppo. L’attenzione deve poi essere rivolta anche all’entroterra. I porti, infatti, devono diventare dei veri portali d’accesso, degli snodi di intermodalità utili alla fruizione e allo sviluppo dell’entroterra anche a diversi chilometri dalla costa. In modo da porre ulteriori possibilità di sviluppo a tutto il territorio europeo. Sono queste le politiche attente all’intero settore e a tutta la filiera che possono realmente cambiare la prospettiva del turismo del nostro continente.
L’ECONOMIA DEL MARE
Sul lungo periodo, le politiche europee devono poi fare i conti con la necessità di sostegno all’economia del mare anche sotto il profilo commerciale e di produzione. In primis, la pesca deve tornare ad essere al centro delle attenzioni dei paesi membri, che devono riconoscerne l’importanza sotto il profilo socio-economico. Le normative che possono scaturire da questa rinnovata attenzione devono essere rispettose dei vari contesti nazionali e locali, così da garantire non soltanto la sostenibilità delle risorse e la redditività per i pescatori, ma anche la protezione del bagaglio sociale e culturale che questo settore economico rappresenta per la storia dei territori e delle popolazioni costiere. Una maggiore attenzione alla tradizione di questo settore può essere anche, ove possibile, un volano per la crescita del comparto turistico. In questo caso spinto, per esempio, dalle specificità gastronomiche offerte dall’economia del mare.
Anche i cantieri navali europei, centrali nell’economia e nell’industria pesante, rappresentano un know-how da tutelare e arricchire. Sicuramente un’agevolazione dal punto di vista della competitività fiscale potrebbe essere un elemento di forza rispetto ai competitor internazionali. Questo soprattutto nell’ottica di non perdere grandi commesse, che verrebbero altrimenti attirate al di fuori dei confini dell’Unione Europea da prospettive di maggiori agevolazioni fiscali. Se la competenza dei cantieri navali europei è fuori discussione, questa deve essere anche sostenuta da prospettive e politiche che invitino gli investitori a puntare sulla qualità del comparto. Allo stesso tempo anche la previsione, sempre sul medio e lungo periodo, di fonti continuative di finanziamento per lo sviluppo della filiera può rappresentare un fattore realmente trainante per il settore.
LE NORME ETS
C’è poi un testo dolente sul quale serve agire, anche con una certa fretta, così da non compromettere le realtà economiche che fanno del commercio marittimo il loro asset principale. Si tratta dei costi introdotti a partire dallo scorso anno dalle normative ETS in merito alle emissioni.

Una serie di principi che purtroppo stanno penalizzando i porti europei rispetto ai loro competitor internazionali. Il costo di questa tassazione, che ricade sulle navi che ormeggiano ai porti del nostro continente, potrebbe portare ad un crollo dei traffici in particolare negli hub (uno fra tutti quello di Gioia Tauro). La conseguenza diretta è lo spostamento verso aree non soggette a questa direttiva che creerebbe così una distorsione innaturale della concorrenza, oltre che un impatto molto negativo sui porti italiani ed europei. È impensabile che questa attenzione nei confronti delle emissioni possa portare il commercio marittimo ad allontanarsi dai porti dell’Europa, andando a privilegiare località e hub più lontani. Soprattutto se pensiamo poi alla necessità di far arrivare in ogni caso le merci sul mercato continentale. Un’attività, questa, che potrebbe anche far aumentare le emissioni in altri settori dei trasporti, facendo poi ricadere i costi sulle economie dei Paesi membri.