Con l’avvicinarsi del voto per l’elezione del nuovo governo, in Italia si è acceso un acceso dibattito sul PNR e sull’opportunità o meno di chiederne la rimodulazione a livello europeo.
Ma cos’è il PNR e perché è al centro del dibattito politico?
Il NRRP (National Recovery and Resilience Plan) è il documento che ogni Stato membro deve preparare per accedere ai fondi Next Generation EU (NGEU), lo strumento introdotto dall’Unione Europea per la ripresa post pandemia del Covidio 19 per rilanciare l’economia degli Stati membri e passare a un’economia più sostenibile e digitale.
Il NGEU è un pacchetto di sovvenzioni e prestiti da 750 miliardi di euro, la cui componente centrale è lo Strumento di ripresa e resilienza (RRF), che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026, e una dimensione totale di 672,5 miliardi di euro (312,5 sovvenzioni, i restanti 360 miliardi di prestiti a tasso agevolato).
L’Italia è il principale beneficiario con 191,5 miliardi di euro di fondi suddivisi tra sovvenzioni (68,9 miliardi) e prestiti (122,6 miliardi). A questi vanno aggiunti circa 13 miliardi di euro del programma Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe (React-Eu) e gli ulteriori 30,62 miliardi di euro stanziati dal governo Draghi, che saranno utilizzati per completare i progetti contenuti nel piano di ripresa.
In totale, quindi, le risorse che l’Italia gestirà saranno oltre 235 miliardi di euro.
Il Piano italiano è suddiviso in 6 “missioni”:
Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo, Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica, Infrastrutture per la Mobilità Sostenibile, Istruzione e Ricerca, Inclusione e Coesione e Salute, con i primi due che da soli assorbono circa il 60% delle risorse.
Si tratta di una cifra enorme, che determina quanto sia cruciale per l’Italia riuscire a rispettare tutti i parametri e le scadenze previste, ma che evidenzia subito un’anomalia: la sanità ha avuto lo stanziamento minore dopo una crisi che ne ha mostrato limiti e carenze.
Attualmente, dopo le prime due fasi concluse con il raggiungimento degli obiettivi, l’iter per raggiungere gli obiettivi di dicembre è in ritardo a causa della mancata attivazione da parte dell’attuale governo della maggior parte dei decreti attuativi, e in questi giorni si procederà a tappe forzate per concludere quanto previsto; il rischio quindi che non vengano raggiunti, come ammesso dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, sono quasi nulli.
Ma da dove nasce l’idea di chiedere una rimodulazione del piano?
Secondo la leader del centrodestra Giorgia Meloni, l’elaborazione di un “nuovo piano” è una scelta più che logica se si considera che la ripresa era stata elaborata in funzione di una ripresa post-Covida-19 prima della crisi energetica e politica causata dall’invasione russa dell’Ucraina.
Infatti, i nuovi scenari che si sono presentati, primo fra tutti l’aumento dei prezzi del gas e dell’elettricità, hanno rapidamente innescato un’inarrestabile crescita dell’inflazione e un aumento spropositato dei costi energetici in tutta Europa e, naturalmente, in Italia.
Immaginare di rimodulare parte delle risorse per destinarle a nuovi scenari critici, soprattutto in relazione alla transizione ecologica, che ad oggi appare di difficile attuazione se si pensa che a seguito della guerra in Ucraina si è deciso di riattivare le centrali a carbone per sopperire alle difficoltà energetiche, appare in realtà una scelta di buon senso e aderente alla situazione reale.
Va aggiunto che, come già detto, gran parte delle risorse sono un prestito e non sono a fondo perduto, per cui appare improbabile che non si possa rinegoziare un prestito, pur nel rispetto di determinate linee guida e garantendo, come previsto anche nel programma politico della coalizione di centro-destra, il pieno utilizzo delle risorse del PNR anche recuperando gli attuali ritardi nell’attuazione.
Insomma, una scelta che potremmo definire di vera e propria politik per chi si appresta a governare una nazione in crisi economica come l’Italia, prevedendo un possibile riallineamento delle risorse in base agli scenari del momento, invece di considerare ciò che viene scritto e presentato come un dogma intoccabile.
Pertanto, chiedersi se il piano presentato sia davvero intoccabile sembra più che legittimo, se non doveroso.
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, il partito di centro-destra attualmente al primo posto in Italia, ritiene che sia necessario e che la riorganizzazione sia più urgente che mai.
Al contrario, Gianni Letta, segretario del Partito Democratico, il principale partito di centro-sinistra italiano, ritiene che il PNRR sia intoccabile nella sua attuale formulazione, formulazione alla quale il suo partito ha ampiamente contribuito durante il governo Draghi.
Personalmente, riteniamo che la capacità di adattare le scelte alle situazioni reali sia una delle doti principali che un politico dovrebbe avere, per questo crediamo che considerare un rimpasto sia una scelta logica e giusta, e che non scatenerebbe alcun “terremoto politico” all’interno dell’UE, se non da parte di chi ha sempre cercato di “telecomandare” le scelte economico-politiche dell’Italia, con il benestare della sinistra e dei suoi leader.
Autore: FeMo
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