La società mercantile spagnola “European Super League Company, S.L.” (di seguito, la Super League) ha citato in giudizio la Federazione Internazionale di Calcio (FIFA) e l’Unione delle Associazioni Calcistiche Europee (UEFA) presso il Tribunale Mercantile di Madrid, Spagna. Secondo la prima, le seconde associazioni violano gli articoli del trattato antitrust dell’Unione Europea.
Il conflitto legale è abbastanza semplice da capire: La Super League vuole organizzare una competizione di alto livello tra i migliori club calcistici europei, ma sia la FIFA che la UEFA sostengono che, in base ai loro statuti e regolamenti in vigore, è necessario il loro consenso per la realizzazione di questo nuovo campionato.
I membri fondatori del progetto Super League sono i club professionistici di prima divisione di Spagna, Italia e Regno Unito, anche se altri potrebbero essere ammessi in una fase successiva. Il costo iniziale dell’operazione richiede un prestito finanziario da parte di JP Morgan, la cui firma e il cui effetto vengono trattenuti fino a quando la FIFA e la UEFA non daranno il loro consenso o non saranno obbligate a concederlo da un giudice, da cui il procedimento legale a Madrid.
Il giudice spagnolo può e anzi deve applicare direttamente il diritto primario dell’Unione europea, ma prima di prendere una decisione ha preferito presentare una domanda pre-giudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea l’11 maggio 2021.
Il 21 dicembre 2023, la Corte dell’UE ha pubblicato la sua sentenza, che dichiara fondamentalmente un abuso di posizione dominante da parte di FIFA e UEFA. Questo potrebbe essere considerato un eufemismo, dato che entrambe le associazioni esercitano di fatto un monopolio nel calcio professionistico internazionale ed europeo, rispettivamente.
Il calcio, in quanto sport, è soprattutto un’impresa sociale che promuove la virtù, il sacrificio, l’auto-miglioramento e il lavoro di squadra per il legittimo perseguimento di un obiettivo onorevole. In questo caso, si può solo riconoscere l’esistenza di migliaia di associazioni sportive che, pur essendo di natura non professionale, meritano il massimo sostegno pubblico.
Ma lo sport professionistico ha anche un elemento economico molto rilevante, che comprende i diritti mediatici associati alle varie competizioni. La FIFA e la UEFA possiedono l’esclusiva dei diritti mediatici e allo stesso tempo organizzano e controllano il calcio professionistico a livello europeo e internazionale. Questo crea un chiaro rischio di conflitto di interessi su larga scala.
Un esperto di diritti sportivi ha sostenuto che la FIFA e la UEFA potrebbero mantenere l’esclusività dei diritti, ma in tal caso dovrebbero essere “scorporate” dal dettare le regole statutarie. Si tratta di una soluzione simile a quella adottata in passato per settori come l’energia o le telecomunicazioni.
Altri studiosi hanno sostenuto che la Corte europea ha il potenziale per diventare un “cane da guardia costituzionale all’interno della lex sportiva“. Non dovremmo arrivare a tanto: Al di là del diritto antitrust, la competenza dell’Unione europea in materia di sport è solo di natura assistenziale e la politica nazionale degli Stati membri è al primo posto.
Il Prof. Villanueva di Groningen ricorda ai lettori il requisito di procedure trasparenti e obiettive che accompagnano le regole degli organi di governo, come la FIFA e la UEFA. Rispetto all’unbundling, questa sembra una strategia debole e potenzialmente inefficace, dato il potente potere di entrambe le associazioni calcistiche.
Il Prof. Lindholm di Umeå critica una certa ambiguità da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e mette in guardia dagli eventuali eccessi della regolamentazione, che potrebbero comportare conseguenze di vasta portata, ben oltre i problemi che hanno giustificato le misure di riforma.
Lo studio legale Mills & Reeve di Manchester sottolinea l’effetto globale che l’applicazione del diritto dell’UE può esercitare nel campo del calcio attraverso il trasferimento di giocatori tra club. Anche in questo caso, ciò non impedisce che gli Stati membri rimangano sovrani nell’organizzare lo sport come ritengono opportuno per la propria popolazione.
Il Prof. Weatherill di Oxford suggerisce la possibilità di misure legislative a livello europeo, nonostante riconosca un effetto importante sull’atteggiamento e sul comportamento futuro della UEFA dopo la sentenza della Corte di Lussemburgo.
La prof.ssa Agafonova di Zurigo sostiene un approccio intermedio tra l’esclusività di FIFA e UEFA, da un lato, e i nuovi progetti che potrebbero essere meritevoli, dall’altro. A ciò si aggiunge l’importanza di garantire la sussistenza dei club professionistici che non potrebbero far parte di una Super League. Non bisogna infatti dimenticare che la Corte UE non ha emesso una sentenza che confermi l’approvazione del progetto della Super League, ancora in attesa della decisione giudiziaria in Spagna.
Il Prof. Borja Garcia di Loughborough si concentra sui meccanismi di responsabilità, ricordando che le federazioni sportive devono produrre regole anticoncorrenziali eque. Pur riconoscendo questi punti, l’effettiva autonomia delle federazioni sportive nazionali è fortemente ridotta dalla UEFA, un’entità di carattere transnazionale piuttosto opaca.
Altri studiosi di Edge Hill sostengono che, nonostante quanto detto sopra sulla dimensione internazionale dei trasferimenti, il calcio può ancora essere dotato di un rilevante carattere nazionale. D’altra parte, il Prof. O’Leary della stessa università sottolinea le opportunità di contrattazione collettiva nello sport.
Il Prof. van der Burg di Twente sottolinea la possibilità che la UEFA riesca ad avere successo a medio termine sulla Super League, ad esempio modificando la Champions League a vantaggio dei club di prima fascia. Un approccio politico nazionale dovrebbe compensare un potere continuo della UEFA di proteggere tutti gli altri club.
Infine, il Prof. Zglinski della London School of Economics è favorevole a un atto sportivo europeo come forma di volontà politica per definire la rotta e stabilire un chiaro contesto normativo. Secondo un’agenda conservatrice, la volontà politica di perseguire il bene comune è legittima, ma il principio di sussidiarietà richiede un approccio al livello territoriale più basso possibile, e non da Bruxelles.
Fonte dell’immagine: Goal.com