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Stefan Bergh, ENGSO: “Riportiamo i giovani allo sport” – Stefan Bergh, ENGSO: “Riportiamo i giovani allo sport”

Non categorizzato - Settembre 19, 2022

Il mondo intero sta vivendo grandi cambiamenti. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina, hanno portato a sfide molto complesse; ogni aspetto della vita, della quotidianità, ha subito un’inevitabile quanto spesso dolorosa revisione. Lo sport non è stato risparmiato. “In questi due anni abbiamo visto tante persone abbandonare questo sport”, ci ha confermato Stefan Bergh, presidente dell’ENGSO, durante una recente intervista.

Quando Bergh è entrato in carica, la situazione generale era completamente diversa, così come gli obiettivi. Attualmente la sfida, come ha confermato il numero uno di ENGSO, è quella di riavvicinare le persone allo sport, soprattutto i giovani. Le condizioni precarie dettate dagli eventi sopra citati, infatti, hanno generato un esodo, un progressivo allontanamento dalle attività sportive, soprattutto in termini di continuità. A darne conto è anche un recente rapporto dell’ISTAT sullo sport. In questo caso specifico, i dati riguardano il nostro Paese; quindi, secondo il campione intervistato per produrre l’indagine, le percentuali preoccupanti riguardano soprattutto i minori. Nel periodo pre-pandemico, la percentuale di bambini dai 3 ai 5 anni impegnati in attività sportive era del 35%; un anno e mezzo dopo il numero è cambiato, scendendo notevolmente: 16%.

Lo stesso vale per le altre fasce d’età: il gruppo 6-10 anni è passato dal 66% al 48,9%, il gruppo 11-14 anni dal 68% al 54,8%, il gruppo 15-17 anni dal 61% al 55,2% e il gruppo 18-19 anni dal 58,2% al 53,6%.

Questo dimostra una scarsa affezione delle giovani generazioni, favorita da diversi fattori, che implicano un minor numero di tesserati, un minor numero di sportivi e complicazioni da non sottovalutare per un settore molto importante a livello internazionale.

Considerata la situazione di partenza, Bergh, in qualità di leader delle ONG sportive europee e di voce di spicco dello sport di base volontario in Europa, ci ha spiegato come è necessario agire e quali sono le priorità in agenda. Ha inoltre chiarito che le questioni si declinano in modo diverso per ogni Paese, per cui è necessaria una linea comune che possa però essere adattata alle diverse esigenze. Al centro, in ogni caso, resta l’importanza di sottolineare in modo indelebile il valore e l’importanza dello sport.

La marea sta cambiando in Europa. Il Covid prima e il conflitto in Ucraina poi, inevitabilmente, hanno portato a ridefinire ogni aspetto della vita, tra questi: Lo sport.

In questa nuova fase di rilancio post-pandemia, come sta rivedendo ENGSO le sue linee programmatiche sul mondo dello sport?

Stefan Bergh, presidente di ENGSO: “Prima di tutto, ha ragione su questo punto. Gli ultimi anni sono stati molto drammatici in molti sensi, per il mondo intero; ma anche drammatici per lo sport e la società sportiva. E naturalmente abbiamo visto tante persone abbandonare lo sport; ragazzi e ragazze, uomini e donne che abbandonano i loro club sportivi a causa della situazione della pandemia, ma anche per altri motivi. Comunichiamo con i nostri membri e con i membri dell’ENGSO o delle confederazioni sportive in Europa, ma anche con i comitati olimpici dei vari Paesi europei. Tutti dicono la stessa cosa: hanno perso membri, atleti, ma anche molti leader. Si tratta quindi di una sfida generale per assicurarci di iniziare a raggruppare tutti questi giovani che tornano allo sport.

So che ci sono piani nazionali che affrontano questi temi, perché i problemi potrebbero essere un po’ diversi da Paese a Paese. I problemi che vediamo in Svezia, da dove provengo, per esempio, potrebbero essere diversi rispetto all’Italia.

Quando ascoltiamo i membri di ENGSO pensiamo che questo non sia qualcosa che si possa fare solo in uno o due anni. Gli effetti negativi delle conseguenze della pandemia richiederanno anni per riprendersi. Questo è un dato di fatto. Stiamo parlando di cinque o sei anni per tornare allo stesso livello del 2019. E poi abbiamo questa terribile situazione ucraina. Questa situazione, ovviamente, ha avuto un impatto anche sullo sport in molti modi. Non andiamo più in Russia o in Ucraina; le federazioni internazionali hanno preso decisioni chiare nei confronti di questi Paesi. Quindi, l’impatto sull’aspetto politico è sicuramente significativo e questo è solo l’inizio”.

Una domanda correlata: wuando lei è stato nominato Presidente, la situazione era completamente diversa. Ora è importante prendere posizione e prendere una decisione coraggiosa per aiutare le associazioni sportive. Insomma, secondo voi è più necessario un nuovo modello o un nuovo piano d’azione?

SB: “Credo che la comunità sportiva europea e anche la Federazione sportiva abbiano preso una posizione molto chiara sulla situazione ucraina, esprimendo il nostro sostegno al popolo ucraino e alla situazione che sta vivendo nel suo Paese. Quindi, in questo senso, la posizione è molto chiara: mostrare solidarietà alle persone provenienti dall’Ucraina. Per quanto riguarda le altre sfide, dobbiamo discuterne. Dobbiamo iniziare a lavorare con i nostri singoli Paesi, ma l’ENGSO può essere una risorsa per condividere le esperienze: come possiamo sviluppare nuovi modi di raggiungere i più giovani per fare sport? E poi possiamo portare esempi positivi da diversi Paesi e diffonderli in altri Paesi? ”

Quali azioni saranno intraprese nel breve e medio termine?

SB: “Quando cerchiamo di incontrare frequentemente i nostri membri e di interagire con loro con franchezza. Abbiamo molti seminari, webinar, ogni discussione su come affrontare queste situazioni. Cerchiamo anche di adattare molti progetti dell’UE, riuniamo i membri e all’interno della stessa stanza discutiamo delle nostre sfide reciproche, quindi è un approccio piuttosto elastico. E poi le conoscenze acquisite da questi progetti vengono riportate nei singoli Paesi, che poi cercano di implementarle nel proprio Paese. ”

Cosa chiedono le associazioni, gli enti e i comitati olimpici che fanno parte della vostra organizzazione?

SB: “Cose piuttosto pratiche. Un esempio? “Come possiamo usare i mezzi digitali per attirare le persone nei nostri club sportivi?” o “Come possiamo assicurarci di aumentare l’equilibrio di genere nelle nostre Federazioni sportive?”. Insomma, domande molto pratiche a cui cerchiamo di rispondere”.

Questo settore produce il 2,1% del PIL europeo. Cosa chiede l’ENGSO alla Commissione europea, al Parlamento e agli Stati membri? Mforse più cooperazione?

SB: “Per quanto riguarda gli enti dell’Unione Europea, cerchiamo di avere una chiara e stretta collaborazione con loro, assicurandoci che siano pienamente consapevoli dell’alto valore che lo sport rappresenta nel contesto europeo. Ma parliamo anche dell’importanza di avere uno sport indipendente. Dobbiamo trovare un equilibrio per assicurarci che lo sport possa rimanere indipendente e così le nostre regole e il modo in cui conduciamo lo sport e le strutture sportive. Ed è per questo che parliamo dell’importanza del modello sportivo europeo, che è costruito su federazioni forti, davvero forti”.

Possiamo quindi aspettarci una nuova definizione di modello sportivo europeo? Una sorta di aggiornamento del trattato di Lisbona?

SB: “Beh, questo processo è in corso proprio ora. Non sono sicuro che ci sarà un trattato formale. Vediamo come andrà a finire. Ma credo che sia importante aumentare la consapevolezza che abbiamo su un modello sportivo europeo. Dobbiamo discutere di sport e con le istituzioni europee”.

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