La COP29, tenutasi a Baku questo mese, ha portato la necessaria attenzione al settore dell’alimentazione e dell’agricoltura durante una delle sue sessioni, un argomento spesso trascurato nelle discussioni sul clima nonostante la sua innegabile importanza. L’agricoltura è al centro del sostentamento globale, con oltre 2,5 miliardi di persone che dipendono da essa per la sopravvivenza. Molte di queste persone sono piccoli agricoltori nei Paesi a basso e medio reddito, che spesso non ricevono un sostegno adeguato dalle amministrazioni pubbliche e dalle istituzioni internazionali. Ironia della sorte, se da un lato l’agricoltura contribuisce in modo significativo alle emissioni di gas serra, dall’altro è anche uno dei settori più duramente colpiti dai cambiamenti climatici, con siccità, inondazioni e ondate di calore che devastano i raccolti e il bestiame. Sebbene l’inclusione dell’agricoltura nell’agenda della COP29 rappresenti un passo avanti, resta ancora molto da fare per affrontare le sfide uniche del settore. Una giusta transizione in agricoltura, che garantisca che nessun gruppo venga lasciato indietro, è fondamentale per raggiungere soluzioni eque al cambiamento climatico. Ciò richiede strategie mirate che bilancino la necessità di pratiche agricole sostenibili con le realtà che devono affrontare coloro che dipendono dall’agricoltura per il loro sostentamento, in particolare le comunità più vulnerabili. L’imposizione di normative climatiche sempre più stringenti è uno dei problemi più pressanti che soffocano gli agricoltori di tutto il mondo. Queste normative spesso pongono richieste irrealistiche ai 2,5 miliardi di persone che dipendono dall’agricoltura. Per i piccoli agricoltori dei paesi a basso e medio reddito, adattarsi a questi requisiti è particolarmente gravoso. Molti di loro non hanno accesso alle risorse di base, alle tecnologie moderne e al sostegno finanziario, per cui non sono in grado di attuare misure ambientali costose. Oltre a questi vincoli, le infrastrutture limitate e l’accesso al credito aggravano le difficoltà degli agricoltori che già lottano per mantenere i propri mezzi di sostentamento. L’urgenza di dare priorità all’agricoltura nelle politiche climatiche globali non può essere sopravvalutata. Tra il 1991 e il 2021, i disastri climatici hanno causato perdite di raccolto e di bestiame per un totale stimato di 3.800 miliardi di dollari, con i paesi a basso e medio reddito che hanno sostenuto i costi relativi più elevati. Tuttavia, l’agricoltura non è solo una vittima del cambiamento climatico, ma anche una potenziale soluzione. Le pratiche agricole sostenibili possono ridurre le emissioni di gas a effetto serra, migliorare la sicurezza alimentare e aumentare la resilienza contro i futuri shock climatici. Ciò rende l’agricoltura una componente fondamentale per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e mitigare i peggiori impatti del cambiamento climatico. Per affrontare efficacemente la questione, è necessario un approccio più realistico che riconosca le complessità e le sfumature del settore primario. Piuttosto che penalizzare le nazioni con elevati standard ambientali e fitosanitari, gli sforzi dovrebbero concentrarsi sul sostegno ai Paesi in via di sviluppo. Dando priorità agli investimenti in pratiche e infrastrutture sostenibili in queste regioni, si potrebbe ottenere un miglioramento globale dell’agricoltura, a beneficio di tutti i settori interconnessi con il sistema alimentare. Purtroppo, ancora una volta i partecipanti alla COP29 non hanno dimostrato un vero impegno nell’allineare gli sforzi per incorporare l’agricoltura in contesti climatici più ampi. Sebbene parole come “giusta transizione”, “resilienza climatica” e “sostegno agli agricoltori” dominino spesso i titoli dei giornali, la realtà per molti agricoltori rimane desolante.
I critici sostengono che le discussioni di alto livello sul clima continuano a mettere in secondo piano l’agricoltura, esercitando una pressione eccessiva su coloro che lavorano instancabilmente per produrre il cibo che consumiamo. L’agricoltura e l’allevamento, che sono vitali per i sistemi produttivi di tutto il mondo, devono essere messi in primo piano in queste discussioni. Devono essere riconosciuti come pilastri fondamentali nelle discussioni sul clima, garantendo una transizione reale e inclusiva che non smantelli le piccole e medie aziende agricole. Questi settori non sono solo essenziali per la produzione alimentare, ma svolgono anche un ruolo chiave nel ripristino degli ecosistemi e nella mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. L’implementazione di soluzioni climatiche per l’agricoltura deve tenere conto delle realtà e delle sfide specifiche del settore. Le politiche devono tenere conto dell’accesso limitato alle risorse, alla tecnologia e ai finanziamenti, garantendo al contempo che gli agricoltori possano continuare a produrre cibo in modo sostenibile. Trascurare questi fattori rischia di allontanare proprio le persone la cui collaborazione è essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici globali. L’agricoltura è a un bivio. Le discussioni della COP29 sul settore rappresentano un progresso, ma restano insufficienti. Senza un’azione significativa, lo storico abbandono del settore primario continuerà, lasciando milioni di agricoltori vulnerabili ai cambiamenti climatici e all’instabilità economica. È giunto il momento che i politici facciano coincidere la loro retorica con un sostegno tangibile, assicurando che l’agricoltura diventi un punto centrale nella lotta contro il cambiamento climatico. Solo così il settore potrà esprimere il suo potenziale come fornitore di mezzi di sostentamento e protagonista degli sforzi di sostenibilità globale.