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Russia e Ucraina: il vertice UE e l’incontro USA-Russia a Riyadh

World - Febbraio 22, 2025

“Complicato” è l’aggettivo giusto per definire quanto sta accadendo nelle ultime ore. Prima il vertice UE, poi l’incontro a Riyadh tra funzionari USA e Russia. La risoluzione del conflitto alle porte dell’Europa, che si protrae ormai da tre anni, non è così vicina. Anzi, i toni tra i vari attori coinvolti sembrano essersi inaspriti. Trump, fautore del summit in Arabia Saudita, è stato chiaro: “Sentiamo dire che loro (riferito agli ucraini) non sono stati invitati ai negoziati. Ma sono lì da tre anni. Avrebbero dovuto risolvere la questione molto prima. Non avrebbero mai dovuto iniziare la guerra”. Dall’altra parte il Presidente Zelensky che ha ribattuto: “Le decisioni sulla fine della guerra in Ucraina non possono essere prese senza l’Ucraina. Non si possono imporre condizioni senza il nostro coinvolgimento”. Un braccio di ferro a quattro braccia, che non esclude il condimento di fake news (come quelle relative all’origine della guerra) e annunci espressi (ad esempio sull’invio di truppe UE in Ucraina).

La posizione degli USA

Durante la lunga campagna elettorale che ha preceduto la vittoria e l’insediamento alla Casa Bianca, Trump ha più volte promesso di porre fine alla guerra in Ucraina, sostenendo di voler essere riconosciuto come colui che avrebbe messo fine ai conflitti nel mondo in generale. Perché non va dimenticato che, fino a una settimana fa, l’ingerenza USA nei negoziati tra Israele e Hamas era forte, tanto da condizionare il rilascio degli ostaggi; l’esito dell’incontro tra Trump e Netanyahu non era piaciuto ad Hamas, così come il leader israeliano non aveva gradito le posizioni di Egitto e Giordania sull’accoglienza del popolo palestinese. Una situazione ingarbugliata. L’equilibrio tra le parti resta estremamente in bilico, ma oggi l’attenzione degli USA è spostata verso l’altro fronte: quello russo-ucraino. Anche in questo caso, il tycoon ha assunto una posizione molto netta, escludendo del tutto l’Ucraina, pur avendo avuto un contatto con Zelensky nei giorni successivi all’insediamento. Secondo Trump, l’Ucraina – e di conseguenza l’Europa, pur non avendolo detto esplicitamente – non avrebbe fatto nulla di concreto per porre fine alla guerra e ritiene, dunque, di poter gestire eventuali negoziati con la Russia senza interpellare i diretti interessati. Oltre a ciò, dalla sua residenza di Mar-a-lago, il Presidente Usa, parlando con i cronisti, ha anche lasciato intendere che il gradimento nei confronti di Zelensky sia basso, “al 4%”; in pratica un riferimento netto alla necessità, dal suo punto di vista, di una nuova elezione in Ucraina. Su questo punto non ha tardato ad arrivare la risposta di Zelensky che ha accusato il tycoon di vivere “in una bolla di disinformazione”. In sostanza, Trump ritiene che il passo fatto sia utile a una vera e propria risoluzione. Anche perché, al netto di quanto è stato riferito a seguito dell’incontro del 18 febbraio, ci sarebbe già l’accordo per un vis a vis con Putin probabilmente a marzo o addirittura, secondo fonti accreditate del Cremlino, già a fine febbraio. I due avrebbero già parlato al telefono per oltre un’ora e mezza trovando diversi punti di incontro nel corso della chiacchierata. Resta un enorme punto di domanda sul ruolo che, per Trump, dovrà giocare l’Europa in questa visione a due. Se da una parte si è detto favorevole all’invio di truppe di pace in Ucraina da parte dell’Unione Europea, idea paventata solo da alcuni Stati, ma non condivisa da tutti, dall’altra non ha mai nominato i Paesi dell’Unione come possibili partner in questa trattativa. Ecco, dunque, che si apre uno scenario che fino a qualche settimana fa non era stato contemplato: un patto a due. Gli Stati Uniti stanno cambiando volto molto rapidamente; Trump ha assunto la carica solo un mese fa, eppure gli ordini esecutivi firmati e le strette di mano, più che simboliche, hanno già ridefinito gli USA e ciò che rappresenteranno per il resto del mondo durante i prossimi anni. Sta all’Europa, nel caso specifico, capire come confrontarsi con questa nuova realtà.

Il vertice UE in Francia

Non è certo semplice trovare una nuova chiave di lettura, ma si parte dal presupposto che l’UE non voglia agire senza gli Stati Uniti. Lo ha detto Giorgia Meloni, presente anche all’Inauguration Day, e lo ha ribadito Ursula von der Leyen proprio nelle ultime ore. La stretta collaborazione tra USA e UE che ha caratterizzato gli ultimi anni, in relazione alla guerra tra Russia e Ucraina, sembra essere arrivata a un punto di svolta: sta per cessare o rinnovarsi, ma con un’altra pelle? Proprio la Presidente della Commissione europea, dopo il vertice di lunedì, ha incontrato a Bruxelles il generale americano Kellogg, inviato USA per la questione russo-ucraina. Un’occasione per von der Leyen atta a ribadire “il ruolo fondamentale dell’UE nel garantire la stabilità finanziaria e la difesa dell’Ucraina, con un impegno totale di 135 miliardi di euro, più di qualsiasi altro alleato”, così si legge nella nota ufficiale diffusa subito dopo l’incontro. La Presidente ha aggiunto anche che l’impegno europeo non cesserà. Auspicando una pace duratura, non ha mancato di ricordare che un eventuale negoziato dovrà prevedere alla base indipendenza, sovranità e integrità territoriale. Infine, è stata espressa la volontà di lavorare sinergicamente con gli Stati Uniti. Un punto, questo, fondamentale per evidenziare l’esclusione dall’incontro preliminare di martedì 18 febbraio tra Russia e USA. Tra le rimostranze sull’invio di truppe di pace al confine, vanno annoverate quelle di Giorgia Meloni, che si è espressa per l’Italia. Il Premier, come rivelano fonti ufficiali, non vedrebbe questa soluzione come efficace; secondo Meloni sono altre le strade da dover percorrere, strade che non prevederebbero un coinvolgimento anche militare in questo lungo conflitto. A proposito di perplessità, la leader italiana, così come von der Leyen, non transige sulla possibilità di un allontanamento tra USA e UE, perché “il coinvolgimento degli Stati Uniti” è fondamentale, “è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana”. Dello stesso parere è il cancelliere tedesco Olaf Scholz che al termine del vertice ospitato da Macron non solo ha voluto ribadire con forza che la questione inerente all’invio delle truppe non era né condivisa né da indagare allo stato attuale, ma ha anche affermato: “accogliamo con molto favore che si stia parlando di una pace, ma non può essere un diktat, non si può imporre all’Ucraina”. Anche nel caso del leader tedesco è indispensabile agire di comune accordo con gli Stati Uniti. Non vi deve essere, a suo dire, una divisione delle strade, né tanto meno delle responsabilità su quanto accade in territorio ucraino. Ai media Scholz ha infatti spiegato: “la NATO si basa sul fatto che agiamo sempre insieme e condividiamo i rischi. Questo non deve essere messo in discussione”. Nelle ultime ore si è espresso anche il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha prospettato non una tregua ma una vera e propria fine del conflitto. Il titolare del dicastero ha infatti spiegato che la Russia propenderebbe per terminare le ostilità in quanto temerebbe il riarmo dell’Ucraina. A Bruno Vespa, in tv, Tajani ha anche riferito che siamo di fronte a una complicata “partita a scacchi” che vede gli USA lavorare su due fronti: allontanare la Russia dalla Cina e provare ad avvicinarla politicamente, cercando di trovare una chiave per la risoluzione della guerra. Ha infine condiviso la telefonata da parte del Segretario di Stato americano ai ministri degli esteri della NATO per informarli sul contenuto dell’incontro di Riyadh.